Skip to main content

Autore: Teniamoci Per Mano APS

Perché le bolle di sapone piacciono ai bambini

Le bolle di sapone sono uno dei primi giochi che i bimbi conoscono. Sin dai primi anni di vita, un semplice contenitore di plastica con acqua e sapone e un bastoncino, creano quella piccola magia delle bolle che fa divertire tanto i bambini. Le bolle di sapone mettono d’accordo bambini e  genitori: piacciono tanto ai piccini quanto ai grandi. Questo è un gioco che può avvicinare molto i genitori ai propri figli perché anche i grandi si divertono a fare bolle di sapone. Inoltre si può creare un gioco davvero avvincente, sottoforma di sfida, per creare ancora più enfasi nella produzione di bolle. Cosa c’è di meglio di una bella sfida tra genitori e figli, a chi produce le bolle migliori? perché, se da un lato i piccoli si divertono a fare bolle e a vederle svolazzare, dall’altro i genitori preferiscono questo gioco, per le sue implicazioni positive nello sviluppo del bambino.

 

 

Le bolle di sapone: uno strumento per l’autocontrollo

 

Il gioco delle bolle di sapone insegna l’autocontrollo. Un gioco che si presenta come innocuo e divertente ha dei risvolti positivi, insegnando ai più piccoli il controllo e la gestione di impulsi ed emozioni: tramite le bolle di sapone si sviluppa l’autocontrollo dei bambini. In che modo influisce? Semplice. In primo luogo, il gioco delle bolle di sapone può essere eseguito sempre e comunque, in qualsiasi luogo ed in qualsiasi contesto. In casa o meglio, in giardino o per strada, anche in caso di disagio, il bambino può giocarci. Grazie alle semplici bollicine il bambino riesce a controllare le proprie emozioni e focalizzarsi sulle stesse.

 

 

 

Perché i bambini amano le bolle di sapone

 

Le bolle di sapone sono essenzialmente un gioco, ed è per questo che i bambini le fanno spesso. Amano perdersi  con lo sguardo mentre inseguono virtualmente le bolle e si concentrano tantissimo per farle molto grandi e con un tragitto duraturo. Ma i motivi per cui questo gioco riscuote un successo intramontabile, sono due:

  1. I bambini amano le bolle di sapone. Queste volano al vento, assumono dimensioni differenti e poi si dissolvono. I bambini le adorano
  2. Fare bolle di sapone è una sfida. La sfida a chi riesce a fare bolle di sapone più grosse, a chi riesce a farle volare più lontane oppure, a chi riesce a produrre bolle che scoppiano più tardi possibile.

 

 

Come si gioca alle bolle di sapone

 

Tutto il necessario per giocare con le bolle di sapone si trova in vendita: la classica boccetta in plastica ed il tappo con l’aggeggio all’estremità, entro cui bisogna soffiare per produrre bolle di sapone. Quest’ultimo è indispensabile per la riuscita del gioco; se da un lato, si può sostituire la boccetta con qualche contenitore di qualsiasi forma e dimensione, dall’altro, la bacchetta utilizzata per soffiare deve essere quella, e difficilmente si trova una degna sostituzione. Ad ogni modo, è possibile preparare tutto l’occorrente anche in casa, l’importante è il gioco. Una volta invitato il bambino al gioco, bisogna creare un’atmosfera che favorisca calma e concentrazione. L’autocontrollo si sviluppa praticamente in automatico dato che, per la riuscita del gioco, ovvero, la produzione delle bolle, il bambino dovrà stare fermo il più possibile e dovrà resistere alla tentazione di scoppiare le bollicine appena prodotte.  In questi casi il genitore può “sfidare” i piccoli a dimostrare di essere capaci di stare fermi e non scoppiare le bolle, facendo scattare quella resistenza interna che porterà alla produzione di bolle che, lentamente finiranno sul pavimento.

 

 

Bolle di sapone: autocontrollo e gioco libero

 

Certo, questo gioco favorisce concentrazione ed autocontrollo, ma è anche vero che, nelle primissime fasi della vita, fino ai due anni di vita del piccolo, si può lasciare che le bolle vengano soffiate via, sfiorate o scoppiate dal bambino. Questa sarà una sua reazione automatica, specie per le prime volte in cui giocherà con le bolle, quando, spinto dalla curiosità, sarà propenso a rincorrerle e toccarle. In quei momenti, sarebbe anche carino che il bambino approfondisca e si senta libero, pur sotto la supervisione di un adulto che vigili, evitando che possa ingerire qualche bolla.

 

 

 

 

La scuola e l’importanza di socializzare

Nella crescita e nello sviluppo dei bambini, la socializzazione ricopre un ruolo fondamentale. L’importanza dell’interazione con altri bambini è determinante per lo sviluppo e l’apprendimento che forma gli aspetti caratteriali. La socializzazione tuttavia, è un qualcosa di abbastanza immediato: sin dai primi giorni di vita, le interazioni che riguardano il neonato sono da ritenersi come attività di socializzazione. Ad ogni modo, questo aspetto, assieme alle domande su come favorire la socializzazione del proprio piccolo, sono il mantra di ogni neogenitore.

 

 

Le prime fasi della socializzazione

 

Appena nato, il bambino, riconosce l’odore della mamma e interagisce con le persone che si occupano di lui. Questa è la fase embrionale dello sviluppo della personalità, che consiste in una reazione fisica agli stimoli dell’ambiente esterno. Questi processi diventano sempre più complessi con il passare del tempo, ma è con l’approccio scolastico che il bambino impara a rapportarsi con i suoi coetanei.  L’ingresso a scuola o in ludoteca è fondamentale in quanto, fino a quel momento, il piccolo si sarà rapportato solo con i componenti del proprio nucleo familiare.

 

 

A Scuola o in ludoteca

 

All’interno di un contesto come quello scolastico o quello della ludoteca, il bambino risulta per la prima volta indipendente e lontano dalle figure genitoriali. Qui il bambino è portato alla conoscenza ed alla scoperta degli altri, al rapportarsi con coetanei ed adulti diversi dai genitori. La fase dell’ingresso a scuola non va sottovalutata: partono da qui, quei processi di socializzazione e apprendimento che determineranno il carattere del piccolo durante la crescita; parte da qui lo sviluppo di comportamenti che saranno utili una volta adulti. La socializzazione è un processo dovuto ma allo stesso tempo innato. Spesso  genera tensioni emotive come paura, confusione e curiosità, ma anch’esse sono determinanti come stimoli utili alla crescita.

 

 

Il ruolo del gioco nella socializzazione

 

Il gioco è uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo sociale dei bimbi. Nei primi anni di vita è praticamente la modalità prediletta con cui i bambini approcciano ai propri coetanei. Attraverso il gioco, si innescano nel bambino, dei meccanismi che costituiscono le fondamenta della formazione della propria identità. Il gioco è interazione verbale, gestuale, ma anche fisica. Innesca delle relazioni che nascono spontanee, delineate dalla dinamica del gioco, la quale genera una serie di reazioni, che ci dicono molto sullo sviluppo del piccolo. L’attività ludica quindi, ha un ruolo determinante nello sviluppo della personalità e nelle capacità di relazionarsi con il mondo esterno. Giocando, il bambino interagisce per forza di cose, con bambini di età simile e adulti, creando i presupposti per il suo sviluppo sociale e cognitivo.

 

 

La socializzazione come apprendimento

 

Attraverso la socializzazione, il bambino impara a conoscere la propria personalità e quella degli altri. Socializzando impara a conoscere e rispettare i tempi suoi e quelli altrui. Crescendo poi, il piccolo avrà la capacità di condividere le emozioni, individuarle negli altri e percepirle. In questa fase, il ruolo del genitore è quello di favorire e creare le occasioni per la socializzazione del bambino; tuttavia questo dovrebbe avvenire senza forzature perché, non bisogna dimenticare che la socializzazione resta un processo spontaneo. Ciò implica che non c’è un momento della vita in cui si inizia a socializzare con i coetanei, che sia valido per tutti i bambini; alcuni iniziano prima altri dopo, ma prima o poi tutti ci arrivano.

 

 

La socializzazione ai tempi della DAD

 

Se è vero che la scuola e la ludoteca costituiscono un momento importante per lo sviluppo sociale del bambino, è vero anche che numerosi problemi si sono avuti durante i lockdown che nel 2020 hanno tenuto migliaia di bambini in casa. La soluzione temporanea per far fronte all’emergenza e garantire comunque la scolarizzazione dei piccoli, ovvero la DAD è ritenuta da molti, solo un palliativo. Molti bambini hanno quindi rinunciato a quella dinamica di classe, al gioco con i propri coetanei ed alla socializzazione con i compagni. Certo, le lezioni a distanza, somministrate sottoforma di gioco, hanno comunque aiutato i piccoli in qualche modo, ma è mancato qualche aspetto sul fronte sociale e relazionale, oltre che su quello emotivo.

 

 

 

 

 

Spiagge accessibili: l’estate è bella per tutti

Nell’estate italiana c’è solo l’imbarazzo della scelta quando si tratta di andare al mare. L’Italia e la sua sconfinata quantità di coste permettono una scelta ampia per tutte le esigenze. Tutte? Non proprio. Nonostante ci siano strutture all’avanguardia, sono ancora tante le località interdette ai disabili. Su questo si riscontra una notevole arretratezza in termini di strutture in grado di accogliere persone con diversa mobilità. Barriere architettoniche e servizi inadeguati, sono problematiche ancora piuttosto frequenti nei lidi e nelle località marittime. Tuttavia, anche se pochi, ci sono stabilimenti balneari e spiagge, attrezzati di tutto punto per garantire a tutti, i servizi adeguati e, soprattutto uguaglianza nell’accesso agli stessi. Ad ogni modo, a prescindere dalla località, il progetto “Spiagge senza barriere” consente a tutti un accesso equo al mare ed agli stabilimenti balneari. Ecco la lista delle spiagge e dei lidi più organizzati.

 

Sestri Levante – Liguria

In questa località in provincia di Genova, ci sono stabilimenti e spiagge decisamente all’avanguardia, con tutti i servizi. In alcuni stabilimenti, lo staff è in grado di parlare anche la lingua dei segni, per comunicare con clienti non udenti.

 

Lignano Sabbiadoro – Friuli Venezia Giulia

Altra eccellenza italiana per l’accoglienza balneare ai disabili è il Friuli. Qui nella zona di Lignano Sabbiadoro, nota località balneare, gli stabilimenti attrezzati sono addirittura 24. In tutti si possono trovare le pedane per accedere alla spiaggia, docce, servizi igienici e quant’altro.

 

Jesolo – Veneto

Nel Veneto ci sono da menzionare le spiagge situate tra Jesolo e Bibbione, le quali  sono molto all’avanguardia, quasi tutte sono prive di barriere architettoniche e adeguatamente attrezzate.

 

Rimini e Riccione – Emilia Romagna

Le note località balneari della regione, assieme a Misano Adriatica e Cattolica, già famose per essere icone della movida estiva  italiana, rappresentano anche molto altro. Nella zona infatti, sono molti gli stabilimenti balneari accessibili ai disabili, privi di barriere architettoniche e dotati di tutti i servizi.

 

Grosseto – Toscana

La Toscana si configura come una delle regioni d’eccellenza per l’accoglienza ai disabili negli stabilimenti balneari. L’accessibilità e la rimozione delle barriere architettoniche, sono un discorso ormai superato da tempo. Il turismo accessibile è quindi una realtà consolidata in Toscana, specie nella zona di Grosseto. Località rinomate per il turismo accessibile in Toscana sono anche Marina di Grosseto e Principina a Mare.

 

Riviera del Conero – Marche

La Riviera del Conero è un lungo tratto di costa adriatica che collega Ancona al comune di Numana. Lungo la costa ci sono anche qui, svariate possibilità di accesso al mare per i disabili. Talvolta si tratta di lidi, altre volte di spiagge attrezzate, ma la cosa importante è che non mancano le soluzioni accessibili a tutti.

 

Focene  – Lazio

Nel Lazio, tra le strutture degne di nota per il turismo accessibile si riscontra la struttura di Focene, località di Fiumicino. Qui esiste uno stabilimento che garantisce l’accesso al mare senza barriere ed è  gestito proprio da volontari. La regione comunque non è priva di strutture adeguate; altre si riscontrano ad esempio, nella zona di San Felice Circeo.

 

Termoli – Molise

Nonostante le piccole dimensioni, anche il Molise si presta ad avere le sue strutture ricettive adeguate all’accoglimento dei disabili. Nella zona di Termoli infatti, si possono individuare almeno due lidi, attrezzati per garantire l’accesso alla spiaggia, senza barriere architettoniche.

 

Capo Miseno e Cilento – Campania

In Campania sono due le località in cui si possono trovare stabilimenti e lidi accessibili. La prima si trova a Capo Miseno, nel comune di Bacoli, dove uno stabilimento gestito da volontari accoglie i disabili per garantire loro tutti i servizi e l’accesso senza barriere al mare. Spostandosi invece verso il rinomato Cilento, ci si imbatte in una maggiore quantità di lidi e strutture attrezzate. Tra queste sicuramente la Spiaggia delle Saline a Palinuro, la Baia degli Angeli e la Baia Saracena.

 

San Foca – Puglia

Anche la Puglia offre svariate opportunità di turismo accessibile. Tra queste, ci sono realtà impegnate nell’accoglienza a varie tipologie di disabilità, SLA inclusa. Inoltre esistono strutture dotate persino di box di soccorso e di personale OSS. Alcune di queste località accessibili si trovano a Marina di Melendugno e Torre Quetta.

 

Policoro – Basilicata

Nella zona di Policoro, tra lidi accessibili con pedane che portano alla spiaggia, ci sono le sedie da mare in comodato d’uso, pensate apposta per garantire un servizio efficiente ed equo per tutti.

 

Marina di Catanzaro – Calabria

In Calabria, almeno per ora, non si ha notizia di molti stabilimenti o spiagge attrezzate per garantire turismo accessibile. Per questo motivo, degna di nota è Marina di Catanzaro, dove ci sono strutture  che vantano una passerella automatizzata e zero barriere architettoniche.

 

San Vito Lo Capo – Sicilia

Dalla Sicilia giungono informazioni relative a varie possibilità dove investire per il progetto “spiagge senza barriere”. Qui le attività da fare sono molteplici e l’impegno per favorire un accesso uguale per tutti può essere davvero un giusto investimento.

 

Poetto – Sardegna

In Sardegna, si è riusciti ad arrivare al risultato di 25 stabilimenti e località balneari, adeguate al turismo accessibile. Oggi quelle spiagge sono accessibili a tutti, e si trovano precisamente nella zona di Poetto.

 

Teniamoci per Mano Onlus promuove “spiagge senza barriere”, un progetto a sostegno delle persone con disabilità motoria e cognitiva; un progetto volto a garantire anche a queste persone l’accesso alle spiagge, liberate da vincoli e barriere architettoniche. Basta individuare uno stabilimento partner e l’associazione provvederà a garantire l’assistenza ed il supporto necessario.

 

 

L’importanza di insegnare la gentilezza ai bambini

La gentilezza è un valore aggiunto che, in un certo senso identifica una persona. Questo valore però, va acquisito nel corso della vita, mediante l’apprendimento e l’educazione. Va da sè quindi che il momento migliore per diventare gentili è l’infanzia. Nelle prime fasi di vita dei bambini, è più facile insegnare loro le giuste modalità di comportamento e guidarli nel percorso, per avere in futuro, persone gentili. La gentilezza è una vera e propria capacità, e la stessa va promossa a tutto spiano nelle fasi di sviluppo del bambino. Educare alla gentilezza è un processo che si presenta continuo e quotidiano. Ai bambini bisogna insegnare che la gentilezza non è sinonimo di debolezza o fragilità, ma che, al contrario, sono le persone più forti ad essere gentili, in quanto esse sono in grado di esprimersi mediante gentilezza e senza ricorrere alla violenza.

La gentilezza nei bambini

Un bambino gentile sarà un bambino che sa bene come gestire i rapporti interpersonali ed i suoi legami avranno caratteristiche più positive. Il bambino si mostrerà più accogliente verso gli altri e più aperto a nutrire sentimenti positivi. La gentilezza quindi, si configura come elemento fondamentale, anche nella comunicazione tra bambini e tra bambini e adulti. Il gioco, la cooperazione, la condivisione e la solidarietà, possono aiutare il bambino ad esprimersi in maniera rispettosa nei confronti del prossimo ed aiutare qualcuno in difficoltà.

Insegnare la gentilezza

Per prima cosa, bisogna capire il sistema valoriale del bambino in quella specifica fase dello sviluppo. Per farlo, il modo migliore è chiedere al bimbo stesso, quali siano secondo lui, gli atti di gentilezza. in questa fase è molto indicato fargli stilare una lista o una classifica. Sicuramente non si resterà delusi dalle risposte: i bambini conoscono molti modi per essere gentili ed hanno molte idee. Questo apre subito ad un momento di confronto, in cui l’adulto può mostrare quali sono i vari gesti di gentilezza che accompagnano le giornate di ognuno. Ma soprattutto è importante giocare sulle sensazioni e gli stati d’animo che un gesto gentile suscita in chi lo fa e chi lo riceve. Chiedere al piccolo, cosa ha provato quando ha ricevuto un gesto di gentilezza lo aiuta a riflettere sulla sensazione che si prova nel fare del bene.

L’importanza del gioco

Per trasmettere al meglio il valore della gentilezza, anche il gioco può avere un ruolo significativo. Giocare ad essere gentili può trasmettere quell’insieme di elementi in grado di far sviluppare nel bambino, le giuste capacità. Anche per questa modalità esistono piccoli suggerimenti: un gioco con un tempo e un premio finale, in cui si stilano, assieme al bambino, una serie di gesti gentili e vedere, nell’arco di tempo stabilito, quanti ne sono stati fatti dal bambino. La premialità serve come stimolo positivo per valorizzare l’importanza della gentilezza, e fornire una prova tangibile del perché, compiere quel gesto gentile sia importante, concretizzando persino gli effetti positivi da esso derivanti.

Gli stimoli esterni come apprendimento

Se non dovessero bastare i suggerimenti forniti dai genitori, tramite il gioco e l’insegnamento, si può fare ricorso ad altri tipi di stimolo quali, libri, film e cartoni. Tramite la lettura di fiabe e racconti o la visione di film e video educativi, il bambino può carpire l’importanza di comportarsi con gentilezza. Ma attenzione: il tutto dev’essere accompagnato da momenti genitore-figlio in cui si cerca il confronto con il bimbo per sottolineare l’importanza di un gesto gentile. Inoltre, è bene tener presente che anche i genitori stessi devono essere d’esempio per i bambini. I piccoli hanno una straordinaria capacità d’osservazione ed è osservando i comportamenti degli adulti che apprendono determinati comportamenti e tendono ad emularli. Per questo motivo, anche il genitore dovrà essere gentile e mostrarsi come tale. Essere gentili nel quotidiano può essere determinante, anche perchè bisogna tener conto del fatto che per i bambini, il primo modello d’ispirazione è una figura genitoriale.

Leggere fa bene ai bambini e li aiuta a crescere

Che leggere sia utile per la crescita culturale e spirituale è risaputo. A maggior ragione però ci sono addirittura delle conferme scientifiche che conferiscono maggiori certezze a riguardo: leggere fa bene. Inoltre, dato che parliamo, nello specifico di bambini, è  stato riscontrato come, la lettura, abbia effetti benefici, aiutando il piccolo nel suo percorso di crescita. Per questo motivo, tra le cose che un genitore dovrebbe fare, vi è quella di stimolare i propri figli alla lettura. Leggere aiuta a potenziare lo sviluppo cognitivo dei bambini, e produce effetti vantaggiosi sul piano linguistico, culturale, sociale, emotivo e relazionale. Una cosa già ampiamente dimostrata da medici e psicologi.

Leggere fa bene al bambino

Leggere aiuta il bambino a prepararsi alla vita. Leggere aiuta a conoscere mondi nuovi, posti lontani e parole sconosciute. Nei libri i bambini apprendono strategie, competenze, innovazione ed altri aspetti utili e spendibili nella loro vita quotidiana. Grazie alla lettura i bambini intraprendono un percorso di conoscenza che li porta ad essere più preparati a vivere la realtà, grazie al mondo delle fiabe o dei racconti che si vanno a leggere. Secondo gli esperti poi, un bambino che è propenso a leggere, quasi sicuramente sarà anche più curioso e creativo. Leggere aiuta a viaggiare con la fantasia e ad accrescere l’immaginazione, talvolta visualizzando gli scenari che si leggono nei libri. Sembra poi che, i bambini che leggono, abbiano più memoria e più capacità logica.

Gli effetti della lettura sulla comunicazione

Sembra strano ma è così: i bambini che leggono, comunicano meglio. A quanto risulta da molti studi effettuati sull’argomento, un bambino propenso a leggere, è in grado di sviluppare migliori doti relazionali rispetto ad un coetaneo. Leggere migliora anche le capacità linguistiche, favorendo lo sviluppo del linguaggio tramite l’apprendimento di nuove parole da inserire nel proprio vocabolario. Il bambino che legge ha anche più possibilità di sviluppare una forma sintattica e lessicale più organizzata. Anche la scrittura è stimolata con la lettura: sembra che molti bambini, abituati a leggere, siano poi propensi a sviluppare attitudini alla scrittura negli anni seguenti.

Leggere migliora il rendimento e l’amicizia

Anche andare bene a scuola ha i suoi effetti positivi, specie sul senso di gratificazione e soddisfazione del bambino. L’aspetto del rendimento scolastico, pare sia, un ulteriore punto in cui, si riflettono gli effeti positivi derivanti dalla lettura. I bambini che amano leggere, spesso hanno cominciato in tenerissima età, sotto la guida ed il coordinamento di mamma e papà. Per questo motivo si troveranno praticamente, con uno step in più rispetto ai compagni. Effetti positivi, anche sul piano della costruzione delle relazioni sociali; e quale relazione è più solida di una sincera amicizia tra bambini? I bambini che amano leggere imparano presto la risposta a questa domanda. Imparano il valore dell’amicizia dai protagonisti delle favole e dei racconti e dai loro comprimari; imparano cosa vuol dire la lealtà verso l’altro ed il rispetto reciproco. In sostanza l’amicizia è un valore coltivato sin dai primi anni di vita, e la lettura aiuta a crearlo.

Leggere: i benefici per la mente

Così com’è per gli adulti, anche per i bambini, la lettura può avere degli effetti rilassanti ed essere considerata come momento di relax dopo una giornata impegnativa. La lettura ha dei comprovati effetti positivi sullo sviluppo cognitivo del bambino, così come anche l’andare in libreria, istituisce una sorta di rituale in cui, la libreria diventa il luogo prediletto, il luogo dei desideri del bambino. Leggere poi, in compagnia di un genitore, aiuta a rinsaldare il legame tra genitore e figlio e a stabilire un momento preposto per la lettura. Gli effetti positivi, inevitabilmente sfociano anche sull’aspetto emotivo: il bambino che legge comprende anche meglio le sue emozioni.

Leggere aiuta ad interagire

La lettura genitore-figlio, può essere considerata come un vero e proprio momento di interazione, che migliora la relazione e crea solidi rapporti. Leggere insieme, ascoltare, commentare un passaggio di un libro o una figura, aiuta a creare una sintonia reciproca ed un legame affettivo ben saldo. Quello della lettura insieme, può essere un momento del tutto magico, atteso tanto dal bambino quanto dal genitore, da farsi preferibilmente di sera, al termine di tutte le attività quotidiane, quando ci si può rilassare, in compagnia di un buon libro, utile per i piccoli e per i genitori.

 

 

Perché ai bambini piacciono i supereroi?

Ai bambini piacciono i supereroi. Questo è chiaro. Ma da cosa nasce questa passione che i più piccoli hanno per Spiderman, Batman o Superman? I genitori se lo chiedono, e forse una risposta c’è. Certo, i supereroi, con i loro costumi ed i loro poteri affascinano, soprattutto i più piccoli, ma non è solo quello il motivo. Secondo molti genitori, i supereroi sono soltanto il frutto di abili strategie di marketing, atte a far vendere gadget e prodotti con i marchi dei supereroi preferiti dai bambini. In realtà c’è molto altro.

Supereroi: miti per tutte le generazioni

Da Batman a Spiderman, passando per Superman, questi sono i supereroi che accompagnano la crescita dei piccoli, da molte generazioni ormai, e probabilmente, anche quei genitori preoccupati di oggi, sono stati affascinati da supereroi col mantello. Cosa c’è alla base di questa passione? Ce lo dicono gli esperti. In primo luogo, il fenomeno che lega i bambini ai supereroi è dettato da un meccanismo fisiologico: necessità di identificarsi. I bambini sentono, sin dai primi anni di vita, il bisogno di figure potenti, cui fare riferimento per affrontare meglio la vita quotidiana. Questi supereroi, invincibili, che praticamente possono tutto, sono l’ideale per identificarsi, superando le paure e le difficoltà.

I supereroi nello sviluppo

Proprio nel pieno dell’età evolutiva, i supereroi svolgono un ruolo determinante per la crescita del bambino. Questo periodo della vita è addirittura cruciale, secondo gli esperti, in quanto è proprio durante questa fase che si costruisce l’identità del piccolo. Durante l’età evolutiva quindi, il bambino tende a legarsi, in maniera quasi viscerale ai suoi supereroi preferiti. Da qui deriva il fatto che i bambini tendono a vedere nei supereroi, una sorta di modello a cui ispirarsi per definire il proprio comportamento. Nel personaggio trovano delle caratteristiche desiderabili, come la forza, il coraggio, i buoni principi, ed è per questo che la tendenza sarà quella di imitarli.

Cosa ne pensano gli esperti

Perché ai bambini piacciono così tanto i supereroi? La risposta degli esperti sta nelle basi dello sviluppo dei bambini. Fondamentalmente, i piccoli seguono le avventure dei supereroi sui fumetti, al cinema o in tv. Se questo accade è perché c’è un motivo fondamentale: i piccoli sanno distinguere il bene dal male. Si tratta forse di un meccanismo naturale, ma sta di fatto che, sin dalla più tenera età, i bambini riescono a fare questo tipo di ragionamento, finendo per identificarsi con chi si schiera in favore del bene e contro chi è a favore del male. Un’Università giapponese, ha effettuato dei test per dare una ragione all’amore dei piccoli per i supereroi. Nel test, i bambini hanno guardato dei cartoni animati, i cui personaggi erano ridotti a figure geometriche che si inseguivano. Poi, attori reali hanno interpretato le stesse scene davanti ai piccoli, i quali dovevano esprimere preferenze su quale fosse il personaggio che li aveva più colpiti. I bambini hanno tutti votato per i personaggi positivi.

Un meccanismo naturale

In pratica, come ci dimostra l’esperimento giapponese, i bambini, anche con pochi mesi di vita, si schierano già in favore di chi difende i più deboli. Nonostante l’età precoce, si riesce già a fare questa importante distinzione che, talvolta caratterizza tutto lo sviluppo dell’identità della persona. Se il bambino vede nei supereroi delle caratteristiche che intende imitare, è senz’altro un qualcosa di positivo. In questo caso, il compito del genitore, potrebbe essere quello di assecondare questa passione, convogliando l’interesse per gli aspetti positivi del supereroe nella crescita di aspirazioni e desideri del piccolo, onde favorirne l’ambizione futura. D’altronde i supereroi rappresentano un desiderio del bambino, ed in questo caso, i genitori dovrebbero ascoltare, le esperienze del piccolo nella conoscenza col suo personaggio preferito, mantenendo aperta la mente. Questo perché i supereroi sono qualcosa di perfetto agli occhi dei piccoli, e per questo, tale passione andrebbe incoraggiata. Bisogna educare i piccoli a sognare, ed a credere nei propri sogni.

 

Quanto la mente influenza il corpo

Il corpo e la mente non sono affatto separati, anzi. Mente e corpo vivono in simbiosi ed è per questo motivo che vanno considerati come una cosa sola. Cosa implica tutto ciò? Essenzialmente vuol dire che, il corpo può influenzare la mente, ma soprattutto che la mente può influenzare il corpo. Questo fenomeno rientra in quella serie di aspetti che definiamo psicosomatica. Lo stress, l’ansia, hanno ripercussioni sul nostro corpo e fanno parte della categoria dei disturbi psicosomatici. Ma in che modo la mente influenza il corpo?

L’influenza della mente sul nostro corpo

Come può la mente influenzare il corpo, tanto da vedere, uno stato d’animo, avere ripercussioni sulla salute fisica di un individuo? Tramite delle chiare manifestazioni della condizione psicologica. I disturbi psicosomatici hanno effetti diretti sul nostro corpo, le cui manifestazioni possono essere immediate o prolungate nel medio-lungo termine. Tale conclusione, sembra essere avvalorata da numerosi studi scientifici, che smentiscono l’atavica conclusione secondo cui la mente sarebbe un’entità ben distinta dal corpo. Da tempo, invece, si è realizzato che la mente fa già parte del corpo e di conseguenza, la condizione emotiva dell’individuo, si ripercuote anche sulla condizione fisica.

Mente e corpo: gli effetti della rabbia

La rabbia e l’ira. Sicuramente due condizioni che dipendono da uno stato d’animo particolare. Ebbene, è stato rilevato dagli esperti che, chi è incline a manifestazioni di rabbia, ha un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiache. La rabbia infatti, sembra che si manifesti in maniera diretta sul corpo, influendo negativamente sullo stato del cuore e delle coronarie. In pratica, chi è propenso alle manifestazioni di rabbia, ha un rischio tre volte maggiore di sviluppare infarti, rispetto a soggetti più moderati. Le numerose ricerche fatte in merito a come, la mente influenzi il corpo nei casi di rabbia, hanno più volte confermato questi dati. La rabbia produce effetti negativi, stimolando l’asse dello stress ed una serie di effetti neurochimici, di certo non positivi.

Lo stress

Lo stress è senza dubbio uno degli effetti psicosomatici più conosciuti. Dai casi più acuti a quelli lievi, lo stress accompagna la vita di molti, dagli studenti, ai lavoratori. Tale fenomeno psicosomatico è espressione pura dell’influenza che la mente ha sul corpo. Tuttavia, è doveroso fare una distinzione: uno stress che si protrae per periodi brevi, è addirittura utile all’organismo. Questo infatti, aiuta il corpo nella redistribuzione delle cellule nel flusso sanguigno. Effetto contrario, invece è quello derivante dallo stress cronico. Tale forma di stress influisce negativamente, finendo per danneggiare il sistema immunitario, riducendo il numero di linfociti e aumentando il rischio di contrarre varie patologie. Lo stress può:

  • Peggiorare il livello di glucosio nei diabetici;
  • Favorire disturbi gastrointestinali
  • Peggiorare il decorso di malattie degenerative
  • Influire sullo sviluppo di patologie cardiache
  • Aumentare gli effetti dell’invecchiamento
  • Essere influente per lo sviluppo di patologie organiche (es. tumori)

Psicosomatica e metamedicina: dal problema alla cura

Le emozioni, gli stati d’animo e le condizioni psichiche, non sono astratte o separate dal corpo. Esse sono neurotrasmettitori e, come tali, influenzano lo sviluppo di ormoni, la riproduzione di cellule e il sistema immunitario. A studiare il rapporto tra la mente ed il corpo, è la psicosomatica. Tale disciplina è una branca della medicina che studia mente e corpo quali elementi inscindibili. Alla base della psicosomatica c’è l’idea che le emozioni negative siano dannose per il corpo. La metamedicina invece, è uno studio che propone i mezzi necessari per la prevenzione e la guarigione dai disturbi di natura psicosomatica. La metamedicina considera il dolore o il malessere come segnali di un malfunzionamento dell’organismo. Per questo motivo, l’approccio della metamedicina va alla radice del problema, cercando di estirpare o quantomeno comprendere, l’origine del malessere. In conclusione, il corpo e la mente sono un tutt’uno. Se una delle due parti non funziona, le ripercussioni interesseranno anche l’altra. D’altronde, così come la definisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “la salute è uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale”.

Cos’è e quanto funziona la Pet Therapy

Il legame dell’uomo con gli animali ed i suoi effetti benefici. Gli studi sembrano confermare che nell’interazione tra uomo e animale, ci siano degli aspetti che influiscono positivamente sulla salute. Per questo motivo nasce la pet therapy: una terapia mirata, che sfrutta questo legame ancestrale per stimolare la sfera emotiva del paziente, favorendo nuovi stimoli e nuovi meccanismi d’interazione. Ma che cos’è, davvero la pet therapy? e funziona?

che cos’è la pet therapy

Viene definita pet therapy, quella tipologia di approccio terapeutico dolce, che sfrutta le interazioni tra gli uomini e gli animali, al fine di ricavare effetti positivi sulla salute del paziente, mediante lo stimolo delle attività emozionali dello stesso. Il termine “pet therapy” è stato coniato intorno agli anni ’60, da un medico americano, lo psichiatra Boris Levinson, il quale riscontrò gli effetti positivi del rapporto tra un cane, Jingles ed un paziente autistico. Prima di avere un nome però, la pet therapy è stata ampiamente applicata, praticamente da sempre. Sembra infatti, che già gli antichi greci credevano che gli animali fossero d’aiuto nella cura e l’assistenza delle persone malate. Poi, questo tipo di terapia è stato usato molto nelle terapie per il miglioramento di soggetti disabili o affetti da disturbi mentali. Successivamente, gli animali hanno funto da compagnia e da cura per i disturbi post-traumatici da stress, una terapia applicata sovente, ai reduci della Seconda Guerra Mondiale.

Gli animali della pet therapy

La pet therapy è una terapia che prevede la vicinanza tra il paziente e l’animale; ma quali sono gli animali più indicati per questo tipo di terapia? Ce ne sono vari, non solo cani e gatti, ed a seconda dell’animale, si predispone un tipo di terapia ad hoc:

  • Cat therapy: in questo caso i protagonisti sono i gatti
  • Dog therapy: la terapia utilizza i cani
  • Onoterapia: la pet therapy con gli asini
  • Pet therapy con i cavalli
  • Pet therapy con i conigli

Ognuno di questi animali apporta effetti benefici, sin dal momento in cui va ad intessere un rapporto con il paziente.

Applicazioni della pet therapy

Nella maggior parte dei casi, gli animali che fanno parte della terapia, sono domestici, ma come abbiamo visto, ce ne sono anche altri. L’approccio è basilare e permette tramite l’utilizzo di un linguaggio semplice e ripetitivo, l’interazione tra uomo e animale. Dalla terapia si ricava un miglioramento delle condizioni psico-fisiche del paziente e l’instaurazione del pensiero positivo. La pet therapy quindi, è fortemente indicata per le varie tipologie di depressione: gli animali, letteralmente spezzano circoli viziosi della depressione, offrendo continui stimoli nuovi per la comunicazione e, soprattutto per abbandonare l’isolamento. Inoltre, ad avvalorare ancora di più la sostenibilità della terapia con gli animali, ci sono i benefici riscontrati nella cura dell’Alzheimer, per cui, talvolta ci sono centri specializzati, in cui il paziente è affiancato da un animale domestico.

Come funziona la pet therapy

Il punto di partenza è uno: il legame affettivo tra paziente ed animale. Questo rapporto, va a rafforzare l’autostima ed a garantire sicurezza e miglioramento delle relazioni sociali. L’animale rende più accettabile la patologia o la condizione di disagio, infondendo nel paziente, una vera e propria scarica di energia positiva.  La terapia, comunque è gestita mediante somministrazione da parte di uno psicologo o psichiatra, ma non si esclude che, in futuro, si potrebbe assistere alla nascita di un vero e proprio settore medico indicato.

Pet therapy per i bambini

Nel caso specifico in cui, i pazienti siano bambini, la pet therapy è fortemente indicata, perché oltre all’aspetto benefico, la vicinanza con gli animali favorisce anche lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei più piccoli. Il contatto con gli animali favorisce nel bambino, apprendimento, capacità d’osservazione, responsabilità e creatività. Nel caso di bambini affetti da disabilità, quello che si va a creare con l’animale è un rapporto di affettivo puro ed autentico, che può costituire la motivazione necessaria per affrontare le cure ed i piccoli problemi quotidiani.

La cura degli anziani

La pet therapy, in particolare quella con gli animali da compagnia, può essere indicata anche nella cura degli anziani. L’obiettivo è ripristinare una certa stabilità emotiva nel paziente; per questo motivo, la possibilità di dedicarsi al gioco con un cane o un gatto, la possibilità di prendersene cura, sono stimoli decisivi in termini di stimolo delle attività emozionali dell’anziano. Grazie agli animali, si può sviluppare un processo emotivo rinnovato, volto al ritorno del buonumore.

Gli effetti della pet therapy su pazienti autistici

Aspetti positivi della terapia con gli animali, sono stati riscontrati anche nella terapia per pazienti affetti da autismo. Il programma terapeutico prevede l’approccio relazionale con un animale, per verificarne gli effetti. I risultati sono talvolta entusiasmanti, in quanto è stato rilevato che, l’interazione con un animale, stimola nel paziente, un miglioramento dell’attenzione. Altri aspetti positivi che si rilevano, riguardano una maggiore sicurezza nella gestione del proprio corpo.

I benefici

Se la pet therapy migliora la sfera emotiva, è chiaro che, a conti fatti, si riscontrino benefici su tutto il corpo. In particolare si rileva che, la terapia migliori la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca; migliora il benessere psicologico tramite l’attività ludica e la cura dell’animale; elimina o contrasta i casi di solitudine; riduce lo stress; aumenta il senso di responsabilità; favorisce empatia e comunicazione. Insomma, la terapia con gli animali funziona, ed il miglioramento sull’uomo è verificato e totale.

Come aiutare i bambini a non aver paura del dottore

Fin dai primi giorni di vita, tutti i bambini entrano in contatto con i medici: nascita, vaccinazioni, controlli, sono tutti momenti inevitabili per conosceree lo stato di salute del proprio figlio.

Che sia per un controllo post- influenza o per una visita specialistica, spesso andare dal medico innesca un meccanisco di paura e tensione in molti bambini.

Anche la semplice visita di controllo dal pediatra può rivelarsi un momento molto difficle da affrontare per un bambino tanto da iniziare ad avere paura del dottore.

La paura del dottore non è una cosa poi così incomprensibile, il bambino può arrivare ad avvertire quel momento come un’invasione del proprio spazio corporeo dato che il medico dovrà necessariamente: toccarlo, abbassargli la lingua, controllargli le orecchie etc. etc.

Possono essere diverse le ragioni che spingono i bambini ad avere paura del dottore, soprattutto le prime volte:

  • l’incontro con un estraneo;
  • la paura di non sapere a cosa andranno incontro;
  • la separazione dai genitori a causa di alcune pratiche mediche;
  • l’associazione al dolore.

Questa paura è quasi sempre manifestata attraverso episodi di nervosismo intenso e di pianto ininterrotto, con la conseguente impossibilità di visita da parte del medico.

Il ruolo fondamentale in queste situazioni lo svolgono i genitori: è importante cercare di rassicurare il proprio piccolo dandogli spiegazioni adeguate, evitando così stress inutili ed un’immotivata paura del dottore.

Le strategie adatte per aiutare i bambini

1. Dite sempre la verità

Evitate di ingannare i vostri piccoli, dirgli chiaramente a cosa andranno incontro è la strada giusta per evitargli spiacevoli sorprese.

2. Preparateli al momento

Cercate di comunicare ai vostri piccoli con un po’ d’anticipo il giorno esatto in cui lo porterete in visita dal dottore. Dategli il tempo di prepararsi a quello che li aspetta.

3. Non usate il dottore come minaccia

Molto spesso la paura dei bambini deriva da alcune frasi usate come minacce dai genitori, come ad esempio “se non la smetti ti porto dal dottore che ti fa la puntura” ecco, non c’è niente di più sbagliato che utilizzare espressioni del genere.

In questo modo il bambino costruirà nella sua testa  un’idea sbagliata del dottore associandolo ad un momento brutto e spiacevole.

4. Parlate bene del pediatra

Cercate di avere sempre una buona parola per il pediatra: fate capire al vostro bambio che sarà proprio grazie a lui che il suo dolore sparirà.

5. Chiaritegli ogni dubbio

Quando si va dal dottore, la paura più grande è sicuramente legata al dolore. Per questo motivo, non lasciate niente di non detto, illustrate passo passo al vostor bambino la visita che sta andando a fare e, nel caso fosse dolorosa, diteglielo chiaramente, cercando di non esagerare.-

La cosa davvero importante per far superare ai bambini la paura dle dottore è sicuramente quella di trasmettergli serenità e spensieratezza. Dite loro chiaramente che anche mamma e papà vanno spesso dal dottore e sono forti, sani, belli e super felici!

 

 

 

Sentirsi meglio e aiutare gli altri facendo volontariato

Decidere di aiutare gli altri facendo volontariato, è un atto di estrema generosità verso il prossimo ma anche verso se stessi. Pensare che il proprio tempo e le proprie azioni possano essere in grado di donare benficio ad un’altra persona che magari ha delle difficoltà è una presa di coscienza molto importante e comporta un impegno e delle responsabilità ben precise.

Attraverso il volotariato si donano tempo, attenzione, importanza e affetto a delle persone che molto spesso hanno meno possibiltà di noi come ad esempio:

  • malati
  • anziani
  • disabili
  • senza tetto
  • migranti

insomma, tutte persone con un problema di tipo fisico o con delle difficoltà socio-economiche.

La scelta del volontariato

Solitamente si inizia per sentito dire, magari c’è un amico che collabora con un’associazione di volontari e spesso ti racconta di come sia bello e gratificante aiutare gli altri.

Chi sceglie di approcciare al volontariato sente l’esigenza di donare qualcosa al prossimo, sente che dentro di se ci sono dei sentimenti buoni che devono essere esternati in maniera concreta aiutando qualcuno.

Si inizia così il pecorso del volontariato: un percorso che non regala niente di materiale e tangibile in cambio ma è in grado di modificare completamente la vita di chi sceglie di iniziarlo.

Emozioni, sensazioni, divertimento, amicizia, sono queste le cose principali che regala l’esperienza di volontariato. Il presupposto principale però è non aspettarsi mai niente in cambio, solo così si potrà costruire serenamente la propria identità di volontario: arrivando a capire che migliorare la vita agli altri migliorerà anche la nostra di vita.

Cos’è il volontariato

 Fare volontariato è un atto di generosità e sensibilità sociale

Tendere una mano a chi è in difficoltà facendogli capire che non è solo, è un atto di estremo altruismo e nobiltà d’animo.

Pensare che le tue azioni possano fare la differenza nella vita di un’altra persona ti regalerà tanto in temrini di serenità, sicurezza ed autostima.

Il volontariato è un’esperienza di vita

Fare volontariato è un’ esperienza di vita che ti arricchisce come poche altre esperienze riescano a fare, nella vita di tutti i giorni.

Entrare in contatto con persone di età, cultura ed estrazione sociale diversa dalla propria, ci aiuta ad imparare nuove cose e a ridisegnare la nostra realtà. Aiuta a ristabilire il giusto valore delle cose nella propria vita.

Fare volontariato ti apre a nuovi orizzonti

A volte succede che ci estraniamo dal tessuto sociale in cui viviamo e non riusciamo a renderci conto neanche che può esserci una persona che soffre a pochi metri da noi. Il volontariato ci insegna a guardare con occhi diversi, ci apre nuovi orizzonti non soltanto fisici, se si sceglie di viaggiare, ma proprio mentali ed emotivi.

Accrescendo la nostra sensibilità saremo in modo di far caso a molte più cose intorno a noi, e che sia nel nostro quartiere o dall’altro capo del mondo, fare volontariato ci aiutare a vedere l’altra faccia della società con cui entreremo in contatto.

Quando aiuti gli altri non sei mai solo, sei la parte integrante di una comunità che ha lo stesso obiettivo: migliorare le cose.

Migliorando le cose, aiutando gli altri, e cercando di rendere il mondo un posto migliore, non aiuti solo gli altri ma aiuti anche te stesso.

Qualunque siano le ragioni che ti muovono, sappi che il volontariato sarà una delle esperienze più ricche ed intense della tua vita: ti sentirai attivo, utile, motivato, soddisfatto, sereno e riuscirai a vivere meglio con te stesso e il mondo intorno.