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Le coccole fanno bene ai bambini

Le coccole fanno bene ai bambini? La risposta è si. A dirlo è la scienza, sulla base di dati verificabili, frutto di numerose ricerche fatte in merito. Una conferma avvalorata scientificamente quindi, che smentisce, quanto ritenuto finora, ossia che, le troppe coccole, rendano i bambini viziati e mammoni. Secondo le ricerche invece, le coccole ed i gesti affettuosi nei confronti dei propri figli, influiscono positivamente sul benessere fisico e psichico del bambino.

Le coccole? Utili e necessarie

Secondo i ricercatori, le coccole sono praticamente necessarie per il corretto sviluppo dei più piccoli. Stando a quanto rilevato da prestigiosi istituti quali l’University of British Columbia ed il British Columbia Children’s Hospital Research Instutute, i bambini avrebbero bisogno del contatto fisico con i genitori, sin dai primi attimi di vita. Questo perché, tale contatto sembra produrre effetti positivi sull’espressione dei geni coinvolti nello sviluppo del sistema immunitario, e nei meccanismi che regolano il metabolismo. Per questo motivo, tenere in braccio il proprio figlio, non è solo un momento strettamente privato, ma anche un vero e proprio atto di protezione per il piccolo; una protezione a tutto tondo.

Gli effetti delle coccole sullo sviluppo psichico

Oltre ai prestigiosi istituti di ricerca, anche gli psicologi ed i terapeuti esperti dell’età evolutiva, si occupano costantemente di rilevare gli effetti delle coccole sullo sviluppo dei minori. Secondo gli esperti, la sensazione di benessere che deriva da un gesto affettuoso, avrebbe origine a livello neuronale: una sorta di reazione del corpo ad ogni carezza che la pelle percepisce. Dalle ricerche poi, è emerso che le coccole costituiscono una forma imprescindibile di attaccamento, una delle prime relazioni che l’individuo va a stabilire nel corso della sua vita. Le coccole, in sostanza, sono il collante che rende possibile il legame tra il genitore ed il figlio. Le stesse coccole, servono al piccolo per rilassarsi o per eliminare le paure. In pratica, hanno un vero e proprio effetto terapeutico. E sono i genitori a praticarlo.

Coccole ed emozioni

Se lo dice la scienza, c’è assolutamente da fidarsi. Secondo le ricerche, c’è da rilevare che i bambini che ricevono manifestazioni d’affetto più frequenti, sono più rilassati e meno inclini all’ansia. Inoltre, le coccole possono anche essere usate come mezzo, per insegnare ai bambini la gestione delle emozioni. La carezza ed il prendere in braccio il piccolo, sono infatti ritenuti come veicolo per comunicare attraverso gesti e parole, il conforto o l’approvazione. D’altronde i bambini sono affettuosi per natura, per questo, anche un solo abbraccio, può fare tanto e comunicare tantissimo.

A volte basta un abbraccio

L’abbraccio rappresenta un pò la quintessenza del gesto affettuoso, della coccola. L’abbraccio è contatto fisico puro. Per il bambino, questo semplice gesto è d’importanza fondamentale. A volte, specie per la mamma, basta prendere in braccio il piccolo e portarselo al cuore, per calmare un pianto. L’abbraccio costituisce per un bambino un calmante naturale, meglio delle altre coccole. Dal punto di vista scientifico, poi, gli effetti positivi dell’abbraccio si verificano con la produzione di ossitocina, il cosiddetto ormone della felicità, che infonde al piccolo, una grande sensazione di benessere.

Mai abbastanza

Le coccole fanno bene al bambino. Il contatto pelle a pelle favorisce lo sviluppo di sensazioni di benessere a livello ormonale, che sicuramente producono effetti positivi nel piccolo. Nel medio-lungo termine, questo si traduce in un miglioramento sul piano fisico e psicologico, oltre che affettivo. I dati lo confermano e sembra essere proprio così. Per questo motivo, la dicotomia secondo cui, troppe coccole siano dannose per i bambini, è destinata ad essere confutata. Anzi, sembra proprio che, al contrario di quanto si creda, le coccole siano fondamentali per la socialità del bambino, e non ce ne sono mai abbastanza. Ogni coccola, ogni abbraccio, ogni gesto affettuoso, crea un legame forte tra il genitore ed il figlio. Un legame che aiuterà il bambino in tutte le sue fasi di sviluppo.

Quanto la mente influenza il corpo

Il corpo e la mente non sono affatto separati, anzi. Mente e corpo vivono in simbiosi ed è per questo motivo che vanno considerati come una cosa sola. Cosa implica tutto ciò? Essenzialmente vuol dire che, il corpo può influenzare la mente, ma soprattutto che la mente può influenzare il corpo. Questo fenomeno rientra in quella serie di aspetti che definiamo psicosomatica. Lo stress, l’ansia, hanno ripercussioni sul nostro corpo e fanno parte della categoria dei disturbi psicosomatici. Ma in che modo la mente influenza il corpo?

L’influenza della mente sul nostro corpo

Come può la mente influenzare il corpo, tanto da vedere, uno stato d’animo, avere ripercussioni sulla salute fisica di un individuo? Tramite delle chiare manifestazioni della condizione psicologica. I disturbi psicosomatici hanno effetti diretti sul nostro corpo, le cui manifestazioni possono essere immediate o prolungate nel medio-lungo termine. Tale conclusione, sembra essere avvalorata da numerosi studi scientifici, che smentiscono l’atavica conclusione secondo cui la mente sarebbe un’entità ben distinta dal corpo. Da tempo, invece, si è realizzato che la mente fa già parte del corpo e di conseguenza, la condizione emotiva dell’individuo, si ripercuote anche sulla condizione fisica.

Mente e corpo: gli effetti della rabbia

La rabbia e l’ira. Sicuramente due condizioni che dipendono da uno stato d’animo particolare. Ebbene, è stato rilevato dagli esperti che, chi è incline a manifestazioni di rabbia, ha un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiache. La rabbia infatti, sembra che si manifesti in maniera diretta sul corpo, influendo negativamente sullo stato del cuore e delle coronarie. In pratica, chi è propenso alle manifestazioni di rabbia, ha un rischio tre volte maggiore di sviluppare infarti, rispetto a soggetti più moderati. Le numerose ricerche fatte in merito a come, la mente influenzi il corpo nei casi di rabbia, hanno più volte confermato questi dati. La rabbia produce effetti negativi, stimolando l’asse dello stress ed una serie di effetti neurochimici, di certo non positivi.

Lo stress

Lo stress è senza dubbio uno degli effetti psicosomatici più conosciuti. Dai casi più acuti a quelli lievi, lo stress accompagna la vita di molti, dagli studenti, ai lavoratori. Tale fenomeno psicosomatico è espressione pura dell’influenza che la mente ha sul corpo. Tuttavia, è doveroso fare una distinzione: uno stress che si protrae per periodi brevi, è addirittura utile all’organismo. Questo infatti, aiuta il corpo nella redistribuzione delle cellule nel flusso sanguigno. Effetto contrario, invece è quello derivante dallo stress cronico. Tale forma di stress influisce negativamente, finendo per danneggiare il sistema immunitario, riducendo il numero di linfociti e aumentando il rischio di contrarre varie patologie. Lo stress può:

  • Peggiorare il livello di glucosio nei diabetici;
  • Favorire disturbi gastrointestinali
  • Peggiorare il decorso di malattie degenerative
  • Influire sullo sviluppo di patologie cardiache
  • Aumentare gli effetti dell’invecchiamento
  • Essere influente per lo sviluppo di patologie organiche (es. tumori)

Psicosomatica e metamedicina: dal problema alla cura

Le emozioni, gli stati d’animo e le condizioni psichiche, non sono astratte o separate dal corpo. Esse sono neurotrasmettitori e, come tali, influenzano lo sviluppo di ormoni, la riproduzione di cellule e il sistema immunitario. A studiare il rapporto tra la mente ed il corpo, è la psicosomatica. Tale disciplina è una branca della medicina che studia mente e corpo quali elementi inscindibili. Alla base della psicosomatica c’è l’idea che le emozioni negative siano dannose per il corpo. La metamedicina invece, è uno studio che propone i mezzi necessari per la prevenzione e la guarigione dai disturbi di natura psicosomatica. La metamedicina considera il dolore o il malessere come segnali di un malfunzionamento dell’organismo. Per questo motivo, l’approccio della metamedicina va alla radice del problema, cercando di estirpare o quantomeno comprendere, l’origine del malessere. In conclusione, il corpo e la mente sono un tutt’uno. Se una delle due parti non funziona, le ripercussioni interesseranno anche l’altra. D’altronde, così come la definisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “la salute è uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale”.

Cos’è e quanto funziona la Pet Therapy

Il legame dell’uomo con gli animali ed i suoi effetti benefici. Gli studi sembrano confermare che nell’interazione tra uomo e animale, ci siano degli aspetti che influiscono positivamente sulla salute. Per questo motivo nasce la pet therapy: una terapia mirata, che sfrutta questo legame ancestrale per stimolare la sfera emotiva del paziente, favorendo nuovi stimoli e nuovi meccanismi d’interazione. Ma che cos’è, davvero la pet therapy? e funziona?

che cos’è la pet therapy

Viene definita pet therapy, quella tipologia di approccio terapeutico dolce, che sfrutta le interazioni tra gli uomini e gli animali, al fine di ricavare effetti positivi sulla salute del paziente, mediante lo stimolo delle attività emozionali dello stesso. Il termine “pet therapy” è stato coniato intorno agli anni ’60, da un medico americano, lo psichiatra Boris Levinson, il quale riscontrò gli effetti positivi del rapporto tra un cane, Jingles ed un paziente autistico. Prima di avere un nome però, la pet therapy è stata ampiamente applicata, praticamente da sempre. Sembra infatti, che già gli antichi greci credevano che gli animali fossero d’aiuto nella cura e l’assistenza delle persone malate. Poi, questo tipo di terapia è stato usato molto nelle terapie per il miglioramento di soggetti disabili o affetti da disturbi mentali. Successivamente, gli animali hanno funto da compagnia e da cura per i disturbi post-traumatici da stress, una terapia applicata sovente, ai reduci della Seconda Guerra Mondiale.

Gli animali della pet therapy

La pet therapy è una terapia che prevede la vicinanza tra il paziente e l’animale; ma quali sono gli animali più indicati per questo tipo di terapia? Ce ne sono vari, non solo cani e gatti, ed a seconda dell’animale, si predispone un tipo di terapia ad hoc:

  • Cat therapy: in questo caso i protagonisti sono i gatti
  • Dog therapy: la terapia utilizza i cani
  • Onoterapia: la pet therapy con gli asini
  • Pet therapy con i cavalli
  • Pet therapy con i conigli

Ognuno di questi animali apporta effetti benefici, sin dal momento in cui va ad intessere un rapporto con il paziente.

Applicazioni della pet therapy

Nella maggior parte dei casi, gli animali che fanno parte della terapia, sono domestici, ma come abbiamo visto, ce ne sono anche altri. L’approccio è basilare e permette tramite l’utilizzo di un linguaggio semplice e ripetitivo, l’interazione tra uomo e animale. Dalla terapia si ricava un miglioramento delle condizioni psico-fisiche del paziente e l’instaurazione del pensiero positivo. La pet therapy quindi, è fortemente indicata per le varie tipologie di depressione: gli animali, letteralmente spezzano circoli viziosi della depressione, offrendo continui stimoli nuovi per la comunicazione e, soprattutto per abbandonare l’isolamento. Inoltre, ad avvalorare ancora di più la sostenibilità della terapia con gli animali, ci sono i benefici riscontrati nella cura dell’Alzheimer, per cui, talvolta ci sono centri specializzati, in cui il paziente è affiancato da un animale domestico.

Come funziona la pet therapy

Il punto di partenza è uno: il legame affettivo tra paziente ed animale. Questo rapporto, va a rafforzare l’autostima ed a garantire sicurezza e miglioramento delle relazioni sociali. L’animale rende più accettabile la patologia o la condizione di disagio, infondendo nel paziente, una vera e propria scarica di energia positiva.  La terapia, comunque è gestita mediante somministrazione da parte di uno psicologo o psichiatra, ma non si esclude che, in futuro, si potrebbe assistere alla nascita di un vero e proprio settore medico indicato.

Pet therapy per i bambini

Nel caso specifico in cui, i pazienti siano bambini, la pet therapy è fortemente indicata, perché oltre all’aspetto benefico, la vicinanza con gli animali favorisce anche lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei più piccoli. Il contatto con gli animali favorisce nel bambino, apprendimento, capacità d’osservazione, responsabilità e creatività. Nel caso di bambini affetti da disabilità, quello che si va a creare con l’animale è un rapporto di affettivo puro ed autentico, che può costituire la motivazione necessaria per affrontare le cure ed i piccoli problemi quotidiani.

La cura degli anziani

La pet therapy, in particolare quella con gli animali da compagnia, può essere indicata anche nella cura degli anziani. L’obiettivo è ripristinare una certa stabilità emotiva nel paziente; per questo motivo, la possibilità di dedicarsi al gioco con un cane o un gatto, la possibilità di prendersene cura, sono stimoli decisivi in termini di stimolo delle attività emozionali dell’anziano. Grazie agli animali, si può sviluppare un processo emotivo rinnovato, volto al ritorno del buonumore.

Gli effetti della pet therapy su pazienti autistici

Aspetti positivi della terapia con gli animali, sono stati riscontrati anche nella terapia per pazienti affetti da autismo. Il programma terapeutico prevede l’approccio relazionale con un animale, per verificarne gli effetti. I risultati sono talvolta entusiasmanti, in quanto è stato rilevato che, l’interazione con un animale, stimola nel paziente, un miglioramento dell’attenzione. Altri aspetti positivi che si rilevano, riguardano una maggiore sicurezza nella gestione del proprio corpo.

I benefici

Se la pet therapy migliora la sfera emotiva, è chiaro che, a conti fatti, si riscontrino benefici su tutto il corpo. In particolare si rileva che, la terapia migliori la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca; migliora il benessere psicologico tramite l’attività ludica e la cura dell’animale; elimina o contrasta i casi di solitudine; riduce lo stress; aumenta il senso di responsabilità; favorisce empatia e comunicazione. Insomma, la terapia con gli animali funziona, ed il miglioramento sull’uomo è verificato e totale.

Come aiutare i bambini a non aver paura del dottore

Fin dai primi giorni di vita, tutti i bambini entrano in contatto con i medici: nascita, vaccinazioni, controlli, sono tutti momenti inevitabili per conosceree lo stato di salute del proprio figlio.

Che sia per un controllo post- influenza o per una visita specialistica, spesso andare dal medico innesca un meccanisco di paura e tensione in molti bambini.

Anche la semplice visita di controllo dal pediatra può rivelarsi un momento molto difficle da affrontare per un bambino tanto da iniziare ad avere paura del dottore.

La paura del dottore non è una cosa poi così incomprensibile, il bambino può arrivare ad avvertire quel momento come un’invasione del proprio spazio corporeo dato che il medico dovrà necessariamente: toccarlo, abbassargli la lingua, controllargli le orecchie etc. etc.

Possono essere diverse le ragioni che spingono i bambini ad avere paura del dottore, soprattutto le prime volte:

  • l’incontro con un estraneo;
  • la paura di non sapere a cosa andranno incontro;
  • la separazione dai genitori a causa di alcune pratiche mediche;
  • l’associazione al dolore.

Questa paura è quasi sempre manifestata attraverso episodi di nervosismo intenso e di pianto ininterrotto, con la conseguente impossibilità di visita da parte del medico.

Il ruolo fondamentale in queste situazioni lo svolgono i genitori: è importante cercare di rassicurare il proprio piccolo dandogli spiegazioni adeguate, evitando così stress inutili ed un’immotivata paura del dottore.

Le strategie adatte per aiutare i bambini

1. Dite sempre la verità

Evitate di ingannare i vostri piccoli, dirgli chiaramente a cosa andranno incontro è la strada giusta per evitargli spiacevoli sorprese.

2. Preparateli al momento

Cercate di comunicare ai vostri piccoli con un po’ d’anticipo il giorno esatto in cui lo porterete in visita dal dottore. Dategli il tempo di prepararsi a quello che li aspetta.

3. Non usate il dottore come minaccia

Molto spesso la paura dei bambini deriva da alcune frasi usate come minacce dai genitori, come ad esempio “se non la smetti ti porto dal dottore che ti fa la puntura” ecco, non c’è niente di più sbagliato che utilizzare espressioni del genere.

In questo modo il bambino costruirà nella sua testa  un’idea sbagliata del dottore associandolo ad un momento brutto e spiacevole.

4. Parlate bene del pediatra

Cercate di avere sempre una buona parola per il pediatra: fate capire al vostro bambio che sarà proprio grazie a lui che il suo dolore sparirà.

5. Chiaritegli ogni dubbio

Quando si va dal dottore, la paura più grande è sicuramente legata al dolore. Per questo motivo, non lasciate niente di non detto, illustrate passo passo al vostor bambino la visita che sta andando a fare e, nel caso fosse dolorosa, diteglielo chiaramente, cercando di non esagerare.-

La cosa davvero importante per far superare ai bambini la paura dle dottore è sicuramente quella di trasmettergli serenità e spensieratezza. Dite loro chiaramente che anche mamma e papà vanno spesso dal dottore e sono forti, sani, belli e super felici!

 

 

 

Sentirsi meglio e aiutare gli altri facendo volontariato

Decidere di aiutare gli altri facendo volontariato, è un atto di estrema generosità verso il prossimo ma anche verso se stessi. Pensare che il proprio tempo e le proprie azioni possano essere in grado di donare benficio ad un’altra persona che magari ha delle difficoltà è una presa di coscienza molto importante e comporta un impegno e delle responsabilità ben precise.

Attraverso il volotariato si donano tempo, attenzione, importanza e affetto a delle persone che molto spesso hanno meno possibiltà di noi come ad esempio:

  • malati
  • anziani
  • disabili
  • senza tetto
  • migranti

insomma, tutte persone con un problema di tipo fisico o con delle difficoltà socio-economiche.

La scelta del volontariato

Solitamente si inizia per sentito dire, magari c’è un amico che collabora con un’associazione di volontari e spesso ti racconta di come sia bello e gratificante aiutare gli altri.

Chi sceglie di approcciare al volontariato sente l’esigenza di donare qualcosa al prossimo, sente che dentro di se ci sono dei sentimenti buoni che devono essere esternati in maniera concreta aiutando qualcuno.

Si inizia così il pecorso del volontariato: un percorso che non regala niente di materiale e tangibile in cambio ma è in grado di modificare completamente la vita di chi sceglie di iniziarlo.

Emozioni, sensazioni, divertimento, amicizia, sono queste le cose principali che regala l’esperienza di volontariato. Il presupposto principale però è non aspettarsi mai niente in cambio, solo così si potrà costruire serenamente la propria identità di volontario: arrivando a capire che migliorare la vita agli altri migliorerà anche la nostra di vita.

Cos’è il volontariato

 Fare volontariato è un atto di generosità e sensibilità sociale

Tendere una mano a chi è in difficoltà facendogli capire che non è solo, è un atto di estremo altruismo e nobiltà d’animo.

Pensare che le tue azioni possano fare la differenza nella vita di un’altra persona ti regalerà tanto in temrini di serenità, sicurezza ed autostima.

Il volontariato è un’esperienza di vita

Fare volontariato è un’ esperienza di vita che ti arricchisce come poche altre esperienze riescano a fare, nella vita di tutti i giorni.

Entrare in contatto con persone di età, cultura ed estrazione sociale diversa dalla propria, ci aiuta ad imparare nuove cose e a ridisegnare la nostra realtà. Aiuta a ristabilire il giusto valore delle cose nella propria vita.

Fare volontariato ti apre a nuovi orizzonti

A volte succede che ci estraniamo dal tessuto sociale in cui viviamo e non riusciamo a renderci conto neanche che può esserci una persona che soffre a pochi metri da noi. Il volontariato ci insegna a guardare con occhi diversi, ci apre nuovi orizzonti non soltanto fisici, se si sceglie di viaggiare, ma proprio mentali ed emotivi.

Accrescendo la nostra sensibilità saremo in modo di far caso a molte più cose intorno a noi, e che sia nel nostro quartiere o dall’altro capo del mondo, fare volontariato ci aiutare a vedere l’altra faccia della società con cui entreremo in contatto.

Quando aiuti gli altri non sei mai solo, sei la parte integrante di una comunità che ha lo stesso obiettivo: migliorare le cose.

Migliorando le cose, aiutando gli altri, e cercando di rendere il mondo un posto migliore, non aiuti solo gli altri ma aiuti anche te stesso.

Qualunque siano le ragioni che ti muovono, sappi che il volontariato sarà una delle esperienze più ricche ed intense della tua vita: ti sentirai attivo, utile, motivato, soddisfatto, sereno e riuscirai a vivere meglio con te stesso e il mondo intorno.

Sorridere fa bene alla salute?

“Ridere fa bene alla salute” non è soltanto un modo di dire, sorridere aiuta a prevenire e trattare davvero tantissime malattie.

Sorridere è una semplicissima espressione facciale che comporta enormi benefici per tutto l’organismo. Si dice che sorridere aiuti a mantenere uin aspetto sempre giovane e ci aiuti a vivere più a lungo: il sorriso toglie alla nostra pelle almeno tre anni e ne regala sette in termini di esistenza.

Ridere inoltre, permette al nostro corpo di rilassarsi e di rendere più forte il nostro sistema immunitario con la conseguente capacità di essere più resistente a qualsiasi minaccia.

LA TERAPIA DEL SORRISO

Ridere aiuta a contrastare e prevenire tantissime malattie e la terapia del sorriso, ogni anno è in grado di aiutare tantissimi malati in tutti il mondo.

Il sorriso ci protegge dalle malattie, aiuta a restare giovani e ci permette di vivere più a lungo. Dai bambini agli anziani, chiunque approcci alla terapia del sorriso riesce a trarne davvero tantissimi benefici.

UNA TERAPIA SOFT MA MOLTO EFFICACE

La terapia del sorriso è un tipo di cura molto soft che non viene guardata di buon occhio dalla medicina moderna in cui l’unica soluzione a tuti i problemi sembrano essere solo i farmaci.

I grandi benefici dati dalla risata si possono vedere sia a livello fisico che a livello mentale senza alcuna distinzione di età, anche se le terapie del sorriso più diffuse sono sicuramente quelle nei reparti pediatrici.

In Italia esistono circa seimila dottori-clown che con la loro simpatia e dedizione riescono a trovare ogni giorno un metodo differente per donare un sorriso ai bambini malati. Grazie all’ausilio di travestimenti, marionette, palloncini, strumenti musicali e performance artistiche di varia natura, i preziosissimi dottori-clown ogni mattina regalano una giornata meravigliosa ai loro piccoli pazienti aiutandoli soprattutto a rafforzare il loro sistema immunitario e combattere le malattie di cui sono vittime.

VIsto il grande successo in termini medici riscontrato dalla terapia del sorriso, la pratica, dai reparti pediatrici si è poi spostata nei centri di accoglienza, negli orfanotrofi, nelle case di riposo per gli anziani ed anche nei centri di riabilitazione. Non esiste alcuna situazione in cui sorridere non possa portare giovamento!

I BENEFICI DELLA TERPAIA DEL SORRISO

Gli effetti della terapia del sorriso sull’organismo sono molteplici e spesso inspiegabili per i sostenitori della medicina moderna. Vediamone insieme alcuni:

  • Aumenta l’ottimismo. Ridere ci aiuta a guardare positivamente le cose, allontanando la negatività e la possibilità di cadere in depressione
  • Riduce il colesterolo. Quando iniziamo a ridere, aumentano gli scambi polmonari e si abbassa il tasso dei grassi presenti nel sangue.
  • Rilassa l’organismo. Nel momento in cui ridiamo, il cuore e la pressione accelerano i ritmi e tutti i muscoli del corpo si rilassano
  • Aiuta l’intestino. La risata ha una funzione depurativa, che facilitàle funzionalità intestinali
  • Allevia il dolore e lo stress. Quando abbiamo un dolore, o siamo particolarmente stressati, una risata aiuta a distrarci e scaricare la tensione con effetto immediato.
  • Concilia il sonno. Scaricare le tensioni aiuta sicuramentee a coinciliare il sonno, quindi, una risata, prima di andare a letto, ci aiuta a fare sogni d’oro.

    Niente di più bello di una risata dunque: rigenerante, rilassante, curativa e super rumorosa!

Differenza tra gelotologia e clown terapia

Spesso, erroneamente, si confondono clownterapia e gelotologia. Si crede infatti con molta frequenza che si tratti soltanto di semplici e meri sinonimi.
La verità però è un’altra. C’è in realtà una differenza tra i due termini. E quest’ultima non è né minima né irrisoria.

Quando si parla di gelotologia ci si riferisce a delle parole provenienti dalla lingua greca. Ghelos infatti in greco significa risata e logos invece significa studio. Di conseguenza è lapalissiano che la gelotologia corrisponda allo studio e all’utilizzo dell’azione del ridere.
Si tratta perciò di una vera e propria disciplina scientifica. Nello specifico, la finalità che si pone la gelotologia è quella di studiare tutta la fenomenologia e ogni dietrologia della risata. Il focus di interesse è quello che riguarda le potenzialità, che ridere comporta negli esseri umani, soprattutto terapeutiche e psicofisiche in una persona e anche in interi gruppi sociali.

La disciplina risulta avere radici nella PNEI, vale a dire nella Psico Neuro Endocrino Immunologia. Quest’ultima è la branca della medicina che si è premurata di sancire la diretta correlazione esistente tra le emozioni tutte e il sistema immunitario. Sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario sono strettamente legati. E la gelotologia si sofferma sul fatto che, attraverso il fenomeno della risata, si favorisce una produzione maggiore di endorfine, sostanze oppioidi immunostimolanti che comportano innumerevoli positività nel proprio corpo.

Ridere perciò, grazie all’azione della gelotologia, che usa le emozioni positive nel modo migliore per l’organismo, riesce a fungere da prevenzione, da riabilitazione e anche da formazione. La risata è perciò da considerare come possibile parte integrante del processo di cura del paziente.

La gelotologia poi ha due nature. La prima è quella passiva, che rappresenta l’azione visiva e uditiva dinanzi a un operatore. E la seconda è invece quella attiva, che comporta una partecipazione espressiva e umoristica delle persone coinvolte nell’azione.
La disciplina comprende in realtà ben due sezioni. La prima è la comicoterapia. La seconda è la clownterapia. Per cui la differenza preponderante tra clownterapia e gelotologia è che la seconda contiene la prima.

Perché i clown hanno il naso rosso?

Qual è l’elemento visivo maggiormente caratterizzante per i clown?
Esatto, è proprio il naso rosso!

La maschera più piccola del mondo.

Il naso rosso viene anche definito come la più piccola maschera presente al mondo. Jacques Lecoq ha infatti così definito l’elemento caratterizzante tutto il mondo dei clown. Ciò perché l’intero immaginario della categoria è rappresentato dal singolo oggetto. Se qualcuno dovesse indossare quest’iconico accessorio infatti, verrebbe immediatamente fatto rientrare nella categoria dei clown. E ciò accade perché ormai da tanto tempo, nell’immaginario comune, il naso scarlatto è indicativo di una figura simpatica, che porta allegria e ilarità. Non c’è alcun dubbio sulla natura di colui il quale l’indossa. Chi ha il naso rosso diventa immediatamente un clown, null’altro.

L’immediatezza

Questo riconoscimento, il grande senso di appartenenza provocato dal naso rosso, fa sì che nell’immediato si comprenda di essere di fronte a qualcuno pronto a tutto pur di farci sorridere. La maschera in questione perciò è un potentissimo strumento di comunicazione, una forza che abbatte ogni barriera e avvicina le persone. Chiunque abbia un naso rosso appare maggiormente affidabile e sicuramente più simpatico, come portasse racchiusa nel naso tutta la stima che negli anni la categoria ha racimolato.

La sua storia

La vera origine del naso rosso non è attribuibile a un evento preciso e a una scelta universale. Ci sono però delle leggende calzanti e storiche a cui si è molto affezionati.

Si tramanda che l’idea del naso rosso fu naturale e consequenziale. Pare che un attore, Tom Belling, nel 1860 cadde durante uno spettacolo, provocandosi forti perdite di sangue dal naso e divenendo incredibilmente bianco in volto. L’effetto fu inaspettatamente scenico e ilare, mandando il pubblico in delirio al punto tale da venire riprodotto e riutilizzato.

Fu tra i primi a farne uso anche Albert Fratellini, che lo utilizzò per richiamare l’immagine di un uomo ubriaco, così goffo, stralunato e dalle buffe movenze, che riscosse un successo tale da divenire un marchio di fabbrica della categoria intera.

Però si dovette aspettare fino al 1920 per l’adozione ufficiale del naso rosso come simbolo inscindibile dei clown.

L’importanza della formazione per i clown

La clownterapia è la Terapia del Sorriso. È così rinominata in quanto ciò che deve provocare il Clown Dottore nel paziente dell’ospedale o nell’ospite della casa di cura, dell’orfanotrofio o di qualsiasi luogo nel quale vi sia concentrazione di problematiche sociali o di salute, è proprio il sorriso, col fine ultimo di alleggerire il suo dolore e alleviare il suo malessere.

Gli studi dietro la clownterapia

La Psico Neuro Endocrino Immunologia (PNEI) è un modello unico nel quale convergono endocrinologia, immunologia e neuroscienze per la ricerca e l’interpretazione della salute e della malattia, in una visione dell’organismo umano come unità strutturata e interconnessa, con sistemi psichici e biologici che si condizionano vicendevolmente. Essa studia i nuovi approcci alla prevenzione e alla terapia delle malattie e sottolinea quanto emozioni forti incidano sulla regolazione del sistema nervoso, che a sua volta regola la secrezione di sostanze quali cortisone ed endorfine, le quali a lungo termine influenzano il sistema immunitario. Per questo motivo i sentimenti negativi incidono in maniera tossica sui malanni, mentre quelli positivi favoriscono la guarigione.
La gelotologia infatti, ispirata alla PNEI, studia la relazione tra la risata e la salute, sottolineando quanto ridere aiuti fin dalla prevenzione.

L’importanza della formazione

Appurata perciò l’importanza del sorriso e la capacità dei clown di provocarlo, è chiaro che fare leva sui sentimenti e sulle emozioni altrui, soprattutto in caso di problemi sociali o di salute, non sia qualcosa da prendere sottogamba.
Appare necessario dunque che la figura del clown sia specializzata e formata appositamente per essere inserita in ambiti sociosanitari.
È fondamentale infatti che l’individuo sappia gestire le proprie emozioni, che le conosca, le viva e le condivida. E allo stesso modo è necessario che sia consapevole della propria forza, delle proprie risorse, di quelle della figura che riveste e di quelle di chi lo affianca.
È importante che il clown compia un lavoro su se stesso, affrontando paure e limiti che lo caratterizzano, fino a trasformarli.
È ovviamente obbligatoria una grande dose di empatia, nei confronti non soltanto dei pazienti e di chi gli è accanto, per capire come agire e come non agire, ma anche dei colleghi, per creare un clima di collaborazione, supporto e fiducia.

Il clown deve quindi conoscersi per sapere come reagisce alle circostanze e soprattutto per sapere come comportarsi nei confronti di chi ha necessità del suo aiuto. E, dopo aver compiuto questo fondamentale step, deve apprendere tutte le tecniche base delle clownerie quali improvvisazione, ascolto, personalità, musica, percezione del contesto, relazioni col personale medico, comprensione della struttura familiare e sociale.
Il clown deve perciò creare un equilibrio costante tra intrattenimento, psicologia, empatia, immediatezza e recettività.
Si tratta perciò di un insieme davvero considerevole di skill, giuste per un ambiente nel quale arrangiarsi e improvvisare una vera e propria formazione non è per niente consigliabile.

Le uova di Pasqua solidali

Il volontariato ha sempre bisogno di aiuti, di fondi e di solidarietà. E quale miglior modo per supportare la positività della clown terapia se non con l’allegria arrecata dal cioccolato?

Con l’avvicinarsi della Pasqua si apre un’opportunità per andare incontro alla Terapia del sorriso. Quest’ultima permette di compiere un’azione altruista, ma non solo. Acquistando infatti un bene i cui fondi sono destinati ad aiutare gli agenti del volontariato, si ottiene in cambio per se stessi uno dei cioccolati più buoni sul mercato: il cioccolato Lindt.

Arrivano infatti le uova di Pasqua solidali!
Lindt ha deciso di sostenere la clown terapia di Teniamoci per mano lanciando una linea di uova col suo prezioso ingrediente. L’offerta abbraccia tutti i gusti. Sono infatti disponibili uova dal cioccolato al latte oppure fondente.

Acquistando le uova pasquali dall’associazione Teniamoci per Mano ONLUS infatti si aiuta in maniera concreta la missione dei clown: regalare un sorriso laddove sorridere è difficile, aiutare con euforia e soprattutto preparazione coloro i quali vivono un momento sociale o salutare difficile, in ospedali, case di cura, orfanotrofi e tanti altri luoghi in cui la felicità è messa alla prova.

L’ONLUS Teniamoci per Mano è presente con le sue uova in molte strutture sparse su tutto il territorio nazionale. Queste ultime sono anche acquistabili dai Maîtres Chocolatiers più rinomati e apprezzati dello Stivale.

Per richiedere le uova si può chiamare il numero di telefono 081445687 o inviare una email a alessandratpmo@gmail.com.

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