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Come possono i nostri clown stimolare la curiosità dei bambini

Tutti i bambini sono curiosi, ma stimolare l’attenzione di bimbi in difficoltà deve trasformarsi in arte. L’arte di coinvolgerli in attività che riescano ad allontanarli con la mente dalla realtà difficile che stanno vivendo. Diventa allora prezioso il ruolo della clown terapia per i piccoli ospedalizzati, costretti a letto a casa e in tutti le situazioni in cui vivono stati di disagio. Molto importante è anche il ruolo dei genitori. Il compito dei papà e delle mamme è quello di contribuire alla voglia di conoscenza dei figli, aiutando come possono i clown impegnati a strappare sorrisi e attenzione.

Cosa fare? 

Bisogna considerare che i bambini si dimostrano disponibili all’apprendimento, quando si trovano in uno stato di benessere emotivo, perché tutto comincia dall’emozione. Poi è chiaro che i bambini non sono tutti curiosi allo stesso modo e non tutti reagiscono ugualmente agli stessi stimoli. Alcuni necessitano di un’iniziativa importante da parte dei genitori, altri invece, si dimostrano subito più autonomi.

La clownterapia

La clownterapia in ospedale punta a sfruttare la naturale curiosità dei bambini. Un clown in ospedale non è solo un intrattenitore, ma anche una figura che sa come canalizzare e rispondere alla curiosità del bambino, offrendo risposte e nuovi spunti di riflessione.

Parlando di libri, fumetti e musica come stimoli per la curiosità, potresti integrare

La clownterapia, al pari di libri, fumetti e musica diventa un strumento che utilizza il gioco, la musica, le storie e persino la magia per suscitare l’interesse dei bambini.

Ogni visita di un clown è una fonte di nuove domande. “Perché il naso del clown è rosso?”, “Come fa quel trucco?”, “Da dove viene quella musica?”. Queste domande, che emergono dalla presenza del clown, possono stimolare ulteriormente la curiosità del bambino.

Come stimolare la curiosità dei bambini

È possibile stimolare la curiosità nei bambini? Una domanda che si pongono operatori e genitori. In realtà, lo sviluppo della curiosità nei piccoli è un qualcosa di innato, che viene prima di tutto. Sostanzialmente i bambini sono curiosi per natura, e sin dai primi momenti della propria vita, tendono a scoprire, scrutare ed osservare il mondo che li circonda. Successivamente, la curiosità si esplicita mediante il dialogo, con le famose mille domande che i bambini pongono agli adulti su qualsiasi cosa. Quindi, se i bambini nascono già curiosi, cosa può fare un genitore? Semplicemente mantenere viva la fiamma della curiosità, con disponibilità ed apertura.

Il ruolo del Volontariato

Entra a far parte della famiglia di Teniamoci per mano. In tanti scelgono di diventare clown ospedalieri sia per il desiderio di intrattenere che per stimolare e rispondere alla naturale curiosità dei bambini, in un ambiente difficile nel quale si sentono intimoriti, limitati, persino sopraffatti. sopraffatti. Aiutaci a riportare il sorriso sui volti dei bambini in difficoltà.

Corso di Clownterapia a Roma

Il 21 e 22 ottobre ricominciano a Roma i corsi di formazione della “Teniamoci per mano ONLUS”.
I nostri corsi di clownterapia sono rivolti proprio a tutti: volontari, operatori sociali, infermieri, medici, casalinghe.

Gli unici requisiti richiesti sono la voglia di aiutare coloro che ne hanno bisogno e il massimo impegno per riuscire a donar loro un sorriso.
Questa è la missione che portiamo avanti ogni giorno: riuscire a portare la nostra allegria per alleggerire un po’ la vita di chi è costretto a convivere con realtà nient’affatto semplici.
Questo è ciò che fanno i nostri volontari e questo è ciò a cui puoi contribuire attivamente anche tu.

Entra a far parte del nostro esercito di volontari e impara l’arte del clown di corsia, grazie ai nostri corsi di clownterapia.

Il corso ha un costo di 160€ ed è comprensivo di:

  • Quota associativa per l’iscrizione al registro soci;
  • Naso rosso da clown;
  • T-shirt dell’Associazione;
  • Assicurazione ospedale;
  • Camice personalizzato dipinto a mano.

Queste sono le coordinate per il pagamento:

  • c/c postale n. 6953031;
  • IBAN IT57H0760103400000006953031.

Intestato a: “Teniamoci per Mano Onlus”.
Causale: “CORSO BASE CLOWN Roma 11 e 12 marzo“.

Affinché il corso vada a buon fine, è necessario svolgere almeno 100 ore di tirocinio in ospedale, affiancati dai nostri Clown.

Giornata di Clownterapia Ospedale Pertini
Giornata di Clownterapia Ospedale Pertini
I nostri clown mattarelli al Pertini
I nostri clown mattarelli al Pertini
L'Ospedale Sandro Pertini si colora di allegria con i nostri dottori dal naso rosso
L’Ospedale Sandro Pertini si colora di allegria con i nostri dottori dal naso rosso

Al termine del corso e del tirocinio sarà rilasciato l’attestato di frequenza.
Inoltre, sono richiesti almeno 2 giorni di volontariato al mese, solo presso gli ospedali indicati dalla nostra associazione.
La location del corso è ancora da stabilire, ma è possibile visionarne il programma.

Non aspettare: diventa un clown della Teniamoci per mano ONLUS!

Per maggiori informazioni sui corsi riempite il modulo sottostante e nell’oggetto inserite la vostra città di appartenenza.

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Gli arcobaleni del clown

Vi siete mai chiesti dove va a finire l’arcobaleno?

Io sì, ogni volta! Ogni volta che con il naso all’insù lo guardo: quel ponte, che è una cosa delle cose più magiche che ci siano; immagino una grande mano che pennella il cielo quando è stufa di vederlo grigio, poi immagino che con un pennello zuppo di colore salga salga su, fino a… forse ad un punto che non è accessibile al nostro sguardo, o si tuffa nelle nuvole, o magari il colore finisce, lasciando incompleto quel ponte fatto della sostanza del vento, del colore della fantasia!

Lo guardo e immagino che sapore abbia…

Sono certa che come me avrete immaginato di scivolare lungo i suoi colori, restandone impiastricciati, e scivolando a pancia in giù, di tuffarvi con la bocca aperta come in un piattone di panna colorata! Avrà sapore di buono, mi chiedo, o porta con sé l’amaro della pioggia? Poi lo guardo ancora e ogni volta controllo che i colori stiano al loro posto, aspettandomi tutte le volte che quella mano gigante ci sorprenda e mischi i colori o li lasci gocciolare giù, su di noi!

Ve la immaginate una pioggia battente di colori? Anche i più distratti se ne accorgerebbero, anche chi non alza lo sguardo all’arcobaleno, chi non lo vede neppure riflesso nelle pozzanghere, chi procede con gli occhi bassi sulla punta delle scarpe, non potrebbe non accorgersi di secchiate di colore venire giù dal cielo: l’arcobaleno si scioglie, e goccioloni di rosso, giallo, verde… diventano fiumi per le strade, e ci si guarda l’un l’altro non riuscendo a trattenere la risata, nessuno apre l’ombrello, ognuno si lascia travolgere da questa pioggia di colore, e chi lo apre lo fa per sedercisi su e scivolare lungo le discese diventate torrenti variopinti!

Chi cammina con le braccia sollevate e i palmi delle mani aperte rivolti verso il cielo a voler prendere tutto il colore che si può, chi corre per lasciarsi prendere da goccioloni di vari colori, chi gira vorticosamente su sé stesso per ritrovarsi dipinte addosso spirali arcobaleno, chi saltella per diventare tutto a pois, e poi, come non riempirsi le mani di colore e schizzare qua e là, nessuno “se la prende”, nessuno “mette il muso”, a nessuno importa di sporcarsi, perché ci si sta colorando d’arcobaleno! Accadrà prima o poi? E chi lo sa! Io ci spero ogni volta che piove!

Ma nel chiedermi dove vada a finire l’arcobaleno, nel provare certe volte a camminare per provare a seguirlo, a mettermi sulle punte dei piedi per scoprire dove termina la sua corsa, nell’immaginare che dall’altra parte ci sia qualcuno che col naso all’insù, esattamente come me, si stia chiedendo la stessa cosa, ho pensato che forse non sapremo mai dove va a finire l’arcobaleno, ma che la vera scoperta è da dove parte, da dove nasce l’arcobaleno!

Perché in certe giornate di pioggia la differenza la fa scegliere di camminare guardando la punta dei piedi o col naso all’insù, perché se anche l’arcobaleno dipinge il cielo, in certe giornate di pioggia i nostri occhi sono incapaci di vederlo, perché nelle giornate di pioggia, quando il freddo lo senti dentro, quando le lacrime si confondono con la pioggia, quando non c’è ombrello che ti possa impedire di bagnarti, quando il vento ti prende a schiaffi e tu procedi senza la forza di proteggerti, quando è lo sguardo ad essere velato di grigio…

In quelle giornate comprendi che conta da dove nasce l’arcobaleno, l’arcobaleno nasce dal nostro sguardo capace di colorare il grigio che ci soffoca, perché l’arcobaleno è quel respiro di speranza che la pioggia stia per finire, è il sorriso rovesciato che cerchiamo nonostante tutto!

L’arcobaleno lo vedi quando ce l’hai dentro, l’arcobaleno è nei più devastanti temporali! Io ho imparato a vederlo, ho imparato a cercarlo col naso all’insù, ho imparato a catturarlo, ho imparato a dipingerlo…

Anche quando non c’è, e l’ho imparato col naso rosso, il naso rosso è il prisma attraverso cui guardare la pioggia, il naso rosso è il motore al sorriso, lo slancio a colorare il cielo, a colorare le pozzanghere in cui certe volte inciampo! Il naso rosso è lo sguardo color arcobaleno, lui mi ha dato la chiave per leggere il mondo e decodificare il dolore, per rileggere la disperazione, per scrivere la speranza, per dipingere la meraviglia della vita…

Per riderci su e, quando proprio non si può, per vederci dentro un sorriso che …tornerà!

Di Clown Frangetta

Perché ai bambini piacciono gli animali

I bambini e gli animali: un legame che va avanti da sempre. I bambini sono notoriamente attratti dagli animali, ed amano stare all’aria aperta e giocarci. Per loro è un momento di confronto e di scoperta, ma anche una bella occasione di dare luogo a tutte le cose già imparate su quegli animali. Un vero e proprio amore, che ha origine nell’infanzia dei piccoli ed è bene che prosegua anche negli anni successivi, imparando a relazionarsi con rispetto verso gli animali ed a  non maltrattarli.

 

Alle origini di una passione

L’amore dei bambini per gli animali è quanto di più squisitamente istintivo ci sia. I piccoli amano istintivamente gli animali, è vero; ma anche le immagini che i bimbi stessi si sono fatti degli animali, contribuiscono ad accrescere questo amore. Bisogna dire infatti che sin dalle prime fasi di vita, i piccoli crescono con delle immagini di animali. Le trovano dappertutto: ci sono animali nei sonaglini posti sulla culla; ci sono animali sulle coperte, sui box e sui pigiamini; ci sono animali nei cartoni animati, sulle scatole di cibo e così via. Per questo  motivo, la mente dei bambini comincia ad elaborare, e si figura delle immagini di quegli animali. Quindi, appena il piccolo entra in contatto, dal vivo, con l’animale in questione, manifesta tutto il suo entusiasmo e la sua voglia di conoscere da vicino l’animale delle sue fantasie.

 

Le prime fasi: a casa e a  scuola

La formazione della personalità avviene all’interno delle mura domestiche. Questo vale anche per la passione per gli animali. Sono i genitori talvolta a generare la curiosità nei piccoli. Quando ancora non sono in grado di pronunciare le prime parole, è la mamma che indica al piccolo ogni singolo animale, nominandolo e sperando che il bimbo proferisca parola. Poi ci sono le favole, che i genitori leggono ai bambini. Spesso i protagonisti, cui il bimbo si affeziona, sono appunto animali. Il tutto poi, prosegue a scuola, dove sono gli insegnanti a spiegare cose sugli animali, a mostrare le figure e le caratteristiche. Di conseguenza il bambino sarà sempre più appassionato al tema, e la sola vista di un uccellino o di un cane, genererà in lui una grande curiosità.

 

La passione per gli animali

Ad un certo punto poi, il bambino cresciuto, vede il culmine della sua passione per gli animali, ed è la classica fase in cui chiede ai genitori di adottare un animale. Talvolta questa, può essere un’occasione per i genitori per infondere nel piccolo un senso di responsabilità, invitandolo a prendersi cura dell’animale. Nella maggior parte dei casi si tratta di animali domestici come un cane, un gatto, ma anche criceti o coniglietti. Il bambino poi, instaurerà un rapporto del tutto unico e particolare con questo animale che sentirà definitivamente suo, e questo non fa che accrescere la sua passione per gli animali.

 

Avere animali migliora la comunicazione

È studiato che, chi ha a che fare con un animale, riscontra migliori capacità comunicative. Pare infatti che l’interazione stessa con l’animale, talvolta domestico, migliori gli approcci relazionali; pertanto, chi ha avuto un animale in casa sin da piccolo, dovrebbe essere più propenso a relazionarsi efficacemente con il prossimo. Altri studi invece, riguardano il rispetto degli animali e quello per il prossimo. Infatti da ciò risulta che chi ha un animale in casa, è cresciuto amando l’animale in sé, ed è più portato a prendersene cura, nonché sensibilizzato al rispetto per tutti gli animali. In sostanza gli animali, con il loro modo di essere sono un vero e proprio esempio di vita. Con semplici gesti, con spontanee ed incondizionate dimostrazioni di affetto ci dimostrano sentimenti buoni e validi principi, come la fedeltà, la lealtà ed il rispetto reciproco.

Te lo dico a modo mio… con lo sguardo del clown

La prima finestra in cui ti affacci la mattina è lo specchio, la finestra che ti apre all’orizzonte più sconfinato di qualunque altro panorama esistente, sconfinato si, indefinito e indefinibile! Sorprende “aprire” quella finestra, in cui ci aspettiamo di trovare sempre la stessa immagine, e ritrovarsi, invece, catapultati in un orizzonte talvolta sconosciuto a noi stessi!

Nello specchio ci aspettiamo di vedere il nostro riflesso, il profilo che ci illudiamo di saper delineare anche ad occhi chiusi, in realtà nello specchio a ben guardare c’è un oltre, c’è ciò che appare e molto di più!

Lo specchio non mente, lo fa il nostro sguardo nel fermarsi a quel fermo immagine che per un fugace attimo lo specchio intrappola, ma lo sguardo coraggioso coglie in quel riflesso il prisma che proietta le sue facce in quella finestra, ponendo noi stessi faccia a faccia con la nostra essenza!

Specchio specchio delle mie brame, diceva qualcuno, specchio specchio dei miei desideri, pensieri, paure, fragilità e forze, contraddizioni e certezze! Specchio specchio delle mie scelte, specchio specchio di ciò che sono, e se anche non ho approdato al porto di ciò che sono, so chi ho trovato nella ricerca di ciò che sono, e in quello specchio vedo me sì, vedo il mio viso cornice di una piccola sfera rossa, sì perché proprio al centro di quella finestra specchiante che si apre al mattino davanti a me la prima cosa che sbuca fuori è il mio naso rosso…

Anche se non lo indosso, perché nel mio riflesso più autentico lui è là, non è sul mio naso, è il mio naso!

E se nello specchio del mattino, di un mattino come tanti, nello specchio si specchia la mamma, la maestra, l’indaffarata, l’affannata, vestita e mascherata per le più svariate faccende, nel mio riflesso, nell’oltre che con coraggio il mio sguardo ha imparato a cogliere, nel riflesso delle scelte, della vera bellezza, dell’essenza: c’è lui il naso rosso…ci sono io… io clown!

Nel riflesso il naso rosso irradia la sua luce al mio sorriso e mi dà la chiave per sostenere nell’essere il prisma che sono, che ciascuno di noi è! Essere clown è aver aperto quella finestra, la finestra dentro, essere clown è vedere il naso rosso in ogni riflesso di sé, essere clown è conoscersi e riconoscersi nella parte più sorridente di sé!

Lo sguardo del clown è stato scritto da Clown Frangetta

La medicina non è divertente, ma c’è molta medicina nel divertimento

“La medicina non è divertente ma c’è molta medicina nel divertimento”.

È questo il motto dell’associazione “Teniamoci per Mano Onlus”, che oggi conta 600 clown volontari e che dal 2010 è impegnata attraverso la clownterapia a regalare gioia e sorrisi in circa 40 tra ospedali, case di riposo, strutture per bambini e per persone diversamente abili sparse su tutto il territorio nazionale.

Nata a Napoli da un’idea del fondatore Eduardo Quinto, Teniamoci per Mano ONLUS da piccola associazione di provincia è cresciuta rapidamente fino a diventare una realtà di rilievo nazionale ed è reduce dal successo della “Maratona del Sorriso” con quasi 50mila euro raccolti in tutta Italia per acquistare apparecchiature sanitarie destinate agli ospedali.

Indossare camice e naso rosso ed entrare nel fantastico e sorprendente mondo della clownterapia con Teniamoci per Mano ONLUS è semplice: basta frequentare il corso base tenuto da un formatore professionista, della durata di un fine settimana, in una delle città nelle quali l’associazione è presente. Sarà possibile così iniziare il proprio tirocinio della durata di 100 ore nelle strutture convenzionate, con il supporto costante di un clown tutor esperto. Teniamoci per Mano ONLUS tiene in grande considerazione l’aspetto formativo dei propri clown e prevede durante l’anno appuntamenti specifici nei quali i volontari hanno la possibilità di migliorare la propria tecnica per approcciarsi nel modo migliore alle varie tipologie di persone che potranno incontrare nel corso delle attività.

La ONLUS non gode di contributi pubblici e si sostiene unicamente attraverso donazioni private ed è per questo che ha appena lanciato la campagna basata sui “panettoni del sorriso” griffati Tre Marie che è possibile prenotare al numero 081-18759100 oppure inviando una mail all’indirizzo teniamocipemanoonlus@live.it.

Un pensiero dolce che può aiutare a regalare un sorriso a chi ne ha bisogno perché, come diceva Charlie Chaplin, “un giorno senza sorriso è un giorno perso”.


autore: EMIDIO PICCIONE

La clownterapia fa bene anche a chi la fa

La clown terapia è quel tipo di attività svolto da volontari intenti a portare il sorriso ai pazienti malati, quasi sempre bambini o anziani. Un compito svolto quasi sempre da volontari, i quali si assumono l’impegno di far sorridere e giocare i piccoli e sorridere gli anziani, facendo passare loro qualche ora spensierata. Ridere fa bene e gli effetti positivi della risata e del buonumore, nella terapia contro le varie patologie, possono essere molto utili, specie in funzione della completa guarigione. Che la clownterapia faccia bene ai pazienti è risaputo, ma risulta che gli effetti positivi si riscontrino anche in chi si occupa di somministrarla ai pazienti. In altre parole anche gli operatori e i volontari usufruiscono di vari effetti benefici derivanti da questa terapia.

 

Quelli della clownterapia: i clownterapeuti

Si presentano negli ospedali, nei centri di cura e nelle cliniche vestiti come dei medici, solo che il camice è spesso colorato. Non indossano maschere, ma quasi sempre basta un naso rosso a portare l’ammalato a distrarsi, seppur per pochi momenti. La clownterapia è una vera e propria disciplina, introdotta dal dottor Patch Adams, che approfondisce le dinamiche che portano al sorriso e le modalità di somministrazione. Indispensabili per chi voglia fare quest’attività, vi è il contatto, la voglia di fare del bene e di mettersi a disposizione per l’altro. A differenza dei clown classici che si vedono in giro, i clownterapeuti non dispongono di palline da gioco e trapezi vari, ma solo di modi creativi di creare intrattenimento per i piccoli degenti. Così facendo si crea un clima di serenità che abbatte le barriere tra il volontario ed il paziente.

 

A cosa serve e come si pratica la clownterapia

La clownterapia serve a portare allegria nelle stanze di degenza o nelle case di riposo. Gli effetti benefici di questa terapia consistono nel fatto che il paziente distolga la mente dalle criticità derivanti dalla malattia che lo affligge.  Per applicare la clownterapia occorre molta creatività, essendo un’attività basata sulla semplice improvvisazione: tutti gli oggetti presenti nella stanza possono diventare oggetto del gioco e fulcro dell’intrattenimento. Tuttavia, a volte basta anche meno; ci sono pazienti a cui basta tenere solo la mano per infondere in loro fiducia e conforto. In sostanza però, il ruolo del clown è preciso: portare il paziente lontano dalla malattia, seppur solo con la mente. Per quanto riguarda l’attività, si mettono in scena piccole gag, storie divertenti o giochi, ma sempre improvvisati. Per fare ciò, i volontari partecipano ad incontri di formazione in cui provano le scene e si scambiano informazioni.

 

Il ruolo positivo del clownterapeuta

Essere un clownterapeuta non è facile. Spesso si ha a che fare con pazienti gravemente malati, in cliniche specializzate od in luoghi in cui sono ospitati malati terminali. Talvolta risulta complesso strappare loro un sorriso ma anche il semplice ingresso in sala. In casi del genere, la risata non è sempre così scontata, ma è proprio quando il lavoro del volontario va a buon fine, che arriva la gratificazione. Il  ruolo della clownterapia è determinante nello scatenare quelle capacità di reazione alla malattia, scatenando perché no, anche la voglia di reagire. Spensieratezza, calore umano, vicinanza; questi sono gli effetti immediati che questa terapia suscita nei pazienti, seppur per pochi minuti a seduta. Tuttavia è stato riscontrato che la clownterapia è positiva anche per chi la pratica. Sono gli stessi volontari talvolta, che ne confermano i benefici sul piano emotivo. In generale i clownterapeuti vanno in ospedale per portare un sorriso e tranquillizzare i pazienti. In queste situazioni assistono spesso a momenti commoventi, partecipandovi direttamente, ed imparano tante cose, tra cui un approccio più diretto e positivo nei confronti della vita.

I benefici della risata per gli anziani

Ridere fa bene ed è un fatto risaputo. Farsi una bella risata per qualche minuto al giorno, può realmente apportare benefici concreti alla salute. Ovviamente gli anziani non sono esenti da questo discorso: anche per loro, l’ilarità è qualcosa di benefico, che comporta un bel po’ di vantaggi. In questo articolo sono indicati i principali benefici che la risata ha sugli anziani.

 

Ridere come arma di prevenzione

Una sana risata aiuta molto, fa bene all’umore e costituisce una vera e propria arma di prevenzione.  Un vero e proprio benessere totale, che porta dei benefici a livello fisico e mentale. Questi elementi così ben radicati nella cultura popolare, trovano salde conferme nelle prove scientifiche che confermano gli effetti positivi del buonumore nella prevenzione dello stress e nell’invecchiamento fisico e mentale. Secondo molti studi effettuati sul tema, ridere vuol dire prendersi cura del proprio umore, il che rappresenta la cura più economica ed efficace per  tutelare la propria salute. Per chi vuole toccare con mano è bene sapere che secondo uno studio della Mayo Foundation for Medical Education and Research, ridere riduce in maniera significativa gli ormoni dello stress. Il cortisolo viene ridotto  del 39%, l’epinefrina del 70% e la dopamina del 38%.

 

Una risata come cura

Ironia, buonumore ed ilarità, sono davvero dei potenti medicinali. Secondo altri studi inerenti i benefici della risata sugli anziani, è emerso che il buonumore e la risata possono essere davvero determinanti contro malattie piuttosto serie come l’Alzheimer o il morbo di Parkinson. Ridere poi, fa bene anche al cervello. È stato osservato infatti, che con la risata calano i livelli di ormoni dello stress nel cervello, favorendo risvolti positivi anche nella memoria e la ricettività, tutti aspetti che non possono far altro che bene al corpo ed al benessere psicofisico di una persona anziana. Altri studi ancora, confermano quanto la cultura popolare già diceva: essere felici aiuta a vivere più a lungo. Il buonumore aiuta e si pone a completamento della concezione di salute, la quale non sarebbe completa senza uno solo degli elementi che la compongono.

 

Perché ridere fa bene? Le reazioni fisiologiche

Sembra ormai palese che ridere faccia bene all’organismo, tuttavia non ci si chiede come mai. Quali sono i meccanismi fisiologici che si innescano con la risata? Secondo alcuni studi gli effetti positivi sul corpo degli anziani sono molteplici:

  1. Aiuta ad aumentare l’ossigenazione nel sangue e funge da regolatore della pressione sanguigna
  2. .Contribuisce a garantire un ricambio totale dell’ossigeno presente nei polmoni
  3. Stimola la produzione di serotonina (ormone della felicità), assieme al contributo di endorfine e anticorpi
  4. Aiuta e rafforza il sistema immunitario, producendo effetti benefici e preventivi contro il rischio di ammalarsi
  5. Stimola il movimento con il quale si attivano 80 muscoli; grazie a una risata migliora quindi, il tono muscolare in tutto il corpo
  6. Aiuta a neutralizzare gli effetti negativi di ansia e stress
  7. Risulta determinante nella diminuzione della percezione del dolore grazie al rilascio di beta-endorfine

 

Quando una risata aiuta a vivere

Molti la chiamano addirittura “terapia del sorriso”: atteggiamento positivo, buonumore, ilarità, sono gli ingredienti fondamentali per l’elisir della longevità. Una sorta di antidepressivo, senza conseguenze o controindicazioni, economico e facile. Ridere per qualche minuto al giorno apporta benefici anche al sistema cardiocircolatorio, infatti, secondo alcuni studi, una risata equivale a dieci minuti di attività fisica. Ridere fa bene ed è una vera e propria cura che deve essere somministrata agli anziani, che dopo la mezza età possono sviluppare qualche sindrome depressiva. Una risata in questo caso può essere terapeutica e preventiva, se applicata nei tempi giusti.

Perché le bolle di sapone piacciono ai bambini

Le bolle di sapone sono uno dei primi giochi che i bimbi conoscono. Sin dai primi anni di vita, un semplice contenitore di plastica con acqua e sapone e un bastoncino, creano quella piccola magia delle bolle che fa divertire tanto i bambini. Le bolle di sapone mettono d’accordo bambini e  genitori: piacciono tanto ai piccini quanto ai grandi. Questo è un gioco che può avvicinare molto i genitori ai propri figli perché anche i grandi si divertono a fare bolle di sapone. Inoltre si può creare un gioco davvero avvincente, sottoforma di sfida, per creare ancora più enfasi nella produzione di bolle. Cosa c’è di meglio di una bella sfida tra genitori e figli, a chi produce le bolle migliori? perché, se da un lato i piccoli si divertono a fare bolle e a vederle svolazzare, dall’altro i genitori preferiscono questo gioco, per le sue implicazioni positive nello sviluppo del bambino.

 

 

Le bolle di sapone: uno strumento per l’autocontrollo

 

Il gioco delle bolle di sapone insegna l’autocontrollo. Un gioco che si presenta come innocuo e divertente ha dei risvolti positivi, insegnando ai più piccoli il controllo e la gestione di impulsi ed emozioni: tramite le bolle di sapone si sviluppa l’autocontrollo dei bambini. In che modo influisce? Semplice. In primo luogo, il gioco delle bolle di sapone può essere eseguito sempre e comunque, in qualsiasi luogo ed in qualsiasi contesto. In casa o meglio, in giardino o per strada, anche in caso di disagio, il bambino può giocarci. Grazie alle semplici bollicine il bambino riesce a controllare le proprie emozioni e focalizzarsi sulle stesse.

 

 

 

Perché i bambini amano le bolle di sapone

 

Le bolle di sapone sono essenzialmente un gioco, ed è per questo che i bambini le fanno spesso. Amano perdersi  con lo sguardo mentre inseguono virtualmente le bolle e si concentrano tantissimo per farle molto grandi e con un tragitto duraturo. Ma i motivi per cui questo gioco riscuote un successo intramontabile, sono due:

  1. I bambini amano le bolle di sapone. Queste volano al vento, assumono dimensioni differenti e poi si dissolvono. I bambini le adorano
  2. Fare bolle di sapone è una sfida. La sfida a chi riesce a fare bolle di sapone più grosse, a chi riesce a farle volare più lontane oppure, a chi riesce a produrre bolle che scoppiano più tardi possibile.

 

 

Come si gioca alle bolle di sapone

 

Tutto il necessario per giocare con le bolle di sapone si trova in vendita: la classica boccetta in plastica ed il tappo con l’aggeggio all’estremità, entro cui bisogna soffiare per produrre bolle di sapone. Quest’ultimo è indispensabile per la riuscita del gioco; se da un lato, si può sostituire la boccetta con qualche contenitore di qualsiasi forma e dimensione, dall’altro, la bacchetta utilizzata per soffiare deve essere quella, e difficilmente si trova una degna sostituzione. Ad ogni modo, è possibile preparare tutto l’occorrente anche in casa, l’importante è il gioco. Una volta invitato il bambino al gioco, bisogna creare un’atmosfera che favorisca calma e concentrazione. L’autocontrollo si sviluppa praticamente in automatico dato che, per la riuscita del gioco, ovvero, la produzione delle bolle, il bambino dovrà stare fermo il più possibile e dovrà resistere alla tentazione di scoppiare le bollicine appena prodotte.  In questi casi il genitore può “sfidare” i piccoli a dimostrare di essere capaci di stare fermi e non scoppiare le bolle, facendo scattare quella resistenza interna che porterà alla produzione di bolle che, lentamente finiranno sul pavimento.

 

 

Bolle di sapone: autocontrollo e gioco libero

 

Certo, questo gioco favorisce concentrazione ed autocontrollo, ma è anche vero che, nelle primissime fasi della vita, fino ai due anni di vita del piccolo, si può lasciare che le bolle vengano soffiate via, sfiorate o scoppiate dal bambino. Questa sarà una sua reazione automatica, specie per le prime volte in cui giocherà con le bolle, quando, spinto dalla curiosità, sarà propenso a rincorrerle e toccarle. In quei momenti, sarebbe anche carino che il bambino approfondisca e si senta libero, pur sotto la supervisione di un adulto che vigili, evitando che possa ingerire qualche bolla.

 

 

 

 

La scuola e l’importanza di socializzare

Nella crescita e nello sviluppo dei bambini, la socializzazione ricopre un ruolo fondamentale. L’importanza dell’interazione con altri bambini è determinante per lo sviluppo e l’apprendimento che forma gli aspetti caratteriali. La socializzazione tuttavia, è un qualcosa di abbastanza immediato: sin dai primi giorni di vita, le interazioni che riguardano il neonato sono da ritenersi come attività di socializzazione. Ad ogni modo, questo aspetto, assieme alle domande su come favorire la socializzazione del proprio piccolo, sono il mantra di ogni neogenitore.

 

 

Le prime fasi della socializzazione

 

Appena nato, il bambino, riconosce l’odore della mamma e interagisce con le persone che si occupano di lui. Questa è la fase embrionale dello sviluppo della personalità, che consiste in una reazione fisica agli stimoli dell’ambiente esterno. Questi processi diventano sempre più complessi con il passare del tempo, ma è con l’approccio scolastico che il bambino impara a rapportarsi con i suoi coetanei.  L’ingresso a scuola o in ludoteca è fondamentale in quanto, fino a quel momento, il piccolo si sarà rapportato solo con i componenti del proprio nucleo familiare.

 

 

A Scuola o in ludoteca

 

All’interno di un contesto come quello scolastico o quello della ludoteca, il bambino risulta per la prima volta indipendente e lontano dalle figure genitoriali. Qui il bambino è portato alla conoscenza ed alla scoperta degli altri, al rapportarsi con coetanei ed adulti diversi dai genitori. La fase dell’ingresso a scuola non va sottovalutata: partono da qui, quei processi di socializzazione e apprendimento che determineranno il carattere del piccolo durante la crescita; parte da qui lo sviluppo di comportamenti che saranno utili una volta adulti. La socializzazione è un processo dovuto ma allo stesso tempo innato. Spesso  genera tensioni emotive come paura, confusione e curiosità, ma anch’esse sono determinanti come stimoli utili alla crescita.

 

 

Il ruolo del gioco nella socializzazione

 

Il gioco è uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo sociale dei bimbi. Nei primi anni di vita è praticamente la modalità prediletta con cui i bambini approcciano ai propri coetanei. Attraverso il gioco, si innescano nel bambino, dei meccanismi che costituiscono le fondamenta della formazione della propria identità. Il gioco è interazione verbale, gestuale, ma anche fisica. Innesca delle relazioni che nascono spontanee, delineate dalla dinamica del gioco, la quale genera una serie di reazioni, che ci dicono molto sullo sviluppo del piccolo. L’attività ludica quindi, ha un ruolo determinante nello sviluppo della personalità e nelle capacità di relazionarsi con il mondo esterno. Giocando, il bambino interagisce per forza di cose, con bambini di età simile e adulti, creando i presupposti per il suo sviluppo sociale e cognitivo.

 

 

La socializzazione come apprendimento

 

Attraverso la socializzazione, il bambino impara a conoscere la propria personalità e quella degli altri. Socializzando impara a conoscere e rispettare i tempi suoi e quelli altrui. Crescendo poi, il piccolo avrà la capacità di condividere le emozioni, individuarle negli altri e percepirle. In questa fase, il ruolo del genitore è quello di favorire e creare le occasioni per la socializzazione del bambino; tuttavia questo dovrebbe avvenire senza forzature perché, non bisogna dimenticare che la socializzazione resta un processo spontaneo. Ciò implica che non c’è un momento della vita in cui si inizia a socializzare con i coetanei, che sia valido per tutti i bambini; alcuni iniziano prima altri dopo, ma prima o poi tutti ci arrivano.

 

 

La socializzazione ai tempi della DAD

 

Se è vero che la scuola e la ludoteca costituiscono un momento importante per lo sviluppo sociale del bambino, è vero anche che numerosi problemi si sono avuti durante i lockdown che nel 2020 hanno tenuto migliaia di bambini in casa. La soluzione temporanea per far fronte all’emergenza e garantire comunque la scolarizzazione dei piccoli, ovvero la DAD è ritenuta da molti, solo un palliativo. Molti bambini hanno quindi rinunciato a quella dinamica di classe, al gioco con i propri coetanei ed alla socializzazione con i compagni. Certo, le lezioni a distanza, somministrate sottoforma di gioco, hanno comunque aiutato i piccoli in qualche modo, ma è mancato qualche aspetto sul fronte sociale e relazionale, oltre che su quello emotivo.

 

 

 

 

 

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